Un evento significativo per la comunità parrocchiale di Lubrichi che si è ritrovata la sera di domenica 7 aprile alle ore 18.00 nella Chiesa di S. Fantino per il conferimento del Sacro Ordine del Diaconato a un suo figlio spirituale, conosciuto e voluto bene da tutti, l’accolito Giuseppe Papalia. Questo ha sottolineato don Salvatore Fotia, Responsabile della Comunità Pastorale San Fantino, all’inizio della celebrazione nel suo caldo e affettuoso intervento.
Molto pregnante e approfondita l’omelia di Sua Ecc. Mons. Francesco Milito, che ha presieduto la Concelebrazione Eucaristica alla presenza di numerosi sacerdoti e diaconi e che ha tratto lo spunto dalle ricorrenza della seconda Domenica di Pasqua, Domenica in Albis, di Tommaso e della Divina Misericordia.
Il Vescovo ha iniziato con alcuni riferimenti sulla Domenica, chiamata prima ‘il giorno dopo il sabato’, e/o ‘il primo giorno della settimana’o ‘il primo giorno, dopo il sabato’; poi verso la fine del I secolo la connotazione teologica: il ‘giorno del Signore’, più al completo ‘il giorno della Risurrezione del Signore’, il ‘giorno Kyriale’, ‘signorile’, così chiamato perché è il ‘signore degli altri giorni‘ e infine l’aggettivo ‘del Signore’ che diventerà sostantivo, ‘dominica’, la nostra domenica. Il primo giorno della settimana che chiude il settimo che lo precede, lo shabbat ebraico, e dà inizio ad una nuova settimana; così questo giorno rappresenta un inizio e una conclusione: è giorno ‘primo’ e giorno ‘ottavo’, un ottavario, per intendere meglio, che inizia e finisce con una domenica; e se nella simbologia numerica il sette rappresenta la perfezione, otto ne è il culmine definitivo, il giorno primo ed ultimo, l’inizio del tempo finale, escatologico. Così ogni domenica riavvia il ciclo della creazione nuova e così va vissuta, sempre ricordata.
E nel brano evangelico di oggi è contenuto il più completo, il ‘più importante punto di riferimento’ da cui parte la teologia della domenica: la presenza del Risorto, la sua parola, il memoriale della Pasqua, la comunità dei discepoli radunata intorno a lui, il dono dello Spirito, il perdono dei peccati, la gioia della festa, la missione.
Poi la figura di Tommaso, esemplare degli scettici, dei cercatori di verità con un cammino proprio, diffidente, ma non incredulo, una persona in travaglio, che alla fine fa la professione di fede più sintetica, più alta e completa possibile ‘Mio Signore e mio Dio’. E se è vero che la resa di Tommaso è pace, ‘beati quelli che non hanno visto e hanno creduto’ avverte Gesù per tutti i ‘Tommaso’ della storia, anche ‘per noi che siamo qui a credere, senza averlo visto, e perciò ‘beati’, ma proprio per questi chiamati ad annunciare, a parlare del Signore Risorto, a trasmettere l’annuncio di pace e di gioia del Vangelo. E quale sia il cuore del Vangelo della Nuova Evangelizzazione ce lo rivela questa seconda Domenica di Pasqua, proclamata dal beato Giovanni Paolo II per tutta la Chiesa, ‘Domenica della Divina Misericordia’, ‘festa della misericordia di Dio’.
Commentando il Vangelo odierno nella lettera indirizzata ai sacerdoti in occasione del Giovedì santo del 2001, Giovanni Paolo II affermava che ‘da ogni parte si sente il bisogno diffuso di trovare nuove vie che appianino quelle troppo disastrate dalle conflittualità, si invoca la pace e il Vangelo ci testimonia che la pace è frutto del perdono ricevuto e donato. Il Signore risorto porta a ciascuno di noi il dono inesauribile del suo perdono – Tommaso diventa l’adoratore del Signore Dio, dopo che ha fatto l’esperienza della sua misericordia’. E questo spazio per eccellenza dove fare esperienza della divina misericordia è nel sacramento del perdono.
Da qui un richiamo a Giuseppe Papalia perché i diaconi in forza della loro ordinazione diventano speciale espressione della vocazione al servizio, ministri della carità, testimoni e promotori del ‘senso comunitario e dello spirito familiare del popolo di Dio’, in comunione con il Vescovo e con i presbiteri. E, per questo, l’impegno per l’annuncio del Vangelo, la guida delle varie comunità domestiche e l’evangelizzazione dei lontani.
Nelle preghiera di ordinazione, nei riti esplicativi con la vestizione degli abiti diaconali e la consegna del libro dei Vangeli sono contenuti tutte queste implicazione del ministero del diacono; soprattutto la stola, imposta sulla spalla sinistra, scendente ad armacollo sul fianco destro, simbolo della veste della grazia santificante e dell’immortalità, perduta per il peccato, riconquistata da Cristo, segno che riporta e ricorda l’essenziale della vita spirituale, fonte di quella ministeriale. E la dalmatica, anticamente bianca, che nel XI secolo si configura come veste d’ufficio del diacono, associata per questo alla tunicella – alba il nome latino – ambedue vesti di gioia e simbolo della grazia soprannaturale, concessaci per la grazia santificante. Ma alba è la veste che i neofiti portavano nella settimana ottava di Pasqua e che deponevano proprio oggi, domenica ottava di Pasqua, in albis deponendis. E quindi il nuovo riferimento a Giuseppe che, proprio in questa domenica indossa questo paramento, per continuare a vivere la comune vocazione battesimale secondo quella specifica del ministero ordinato, restando fermo alle origini: ‘Figlio di Dio nel battesimo, oggi chiamato ad allargare la famiglia di Dio attraverso il tuo ministero con la purezza della vita e la luminosità della testimonianza ovunque il Signore ti condurrà’ e quindi diventare ‘Totus suus’, del Signore Gesù, ma anche ‘Totus noster’, della comunità dei ministri ordinati, il vescovo, i presbiteri, i confratelli diaconi, con i quali il 30 giugno prossimo diventerà presbitero, dei diaconi permanenti, preziosa risorsa di servizio della nostra Chiesa. Totus suus, e Totus noster, come S. Giuseppe, il Divino custode della santa Famiglia, la Chiesa, come Maria: «Sia il tuo ‘sì, ecco, ci sono, vengo’, come il suo ‘sì: di me si faccia secondo la tua parola’ e per te sarà pace grande, gioia vera, consegna sicura». Un diaconato pasquale, perché mariano, un diaconato di amore grande, perché dal cuore aperto, come quello di Dio, Dives in misericordia, ricco nell’amore, come quello di Maria, Mater Misericordiae. E ‘sarà gioia per tutti, Magnificat e Benedictus per te, con la premura della Madre e la tensione del Battista a preparare l’accoglienza del Signore che viene sempre. Così sia!’.
La celebrazione è poi proseguita con il rito dell’ordinazione ed è stata vissuta dal nuovo diacono e da tutti i presenti con viva commozione e partecipazione. Nei saluti finali il Vescovo ha ringraziato i fedeli presenti, una comunità da lui definita orante, composta, raccolta e il coro parrocchiale. Poi il ringraziamento ai genitori di Giuseppe perché è proprio grazie a loro che alla Chiesa viene concesso questo dono, il grazie ai sacerdoti e ai diaconi presenti, così numerosi, segno della comunione fraterna che li anima, il grazie al Seminario Arcivescovile di Reggio Calabria Pio XI nella persone del Rettore don Salvatore Santoro, del Padre Spirituale don Mimmo Marturano e del Direttore agli studi don Antonio Foderaro, presenti all’ordinazione insieme a un gruppo di diaconi compagni di Giuseppe.
Poi il saluto del sindaco di Santa Cristina con gli auguri a Giuseppe, ragazzo buono che tutti conoscono e ammirano per la sua semplicità e bontà d’animo, e fuori ad attendere Giuseppe un gruppo gioioso di ragazzi con un cartellone augurale ‘Che il Signore benedica la tua scelta e la tua vita!’, segno questo dell’affetto che tutta la comunità nutre per questo giovane semplice, cordiale, che fra non molto diventerà sacerdote del Signore al servizio della nostra Chiesa locale.
Diac. Cecè Caruso