Proprio questo ha sottolineato il nostro Vescovo all’inizio della sua omelia, unendo al ringraziamento al Dio di ogni bene, quello altrettanto vivo e riconoscente a tutti coloro che nei Seminari di Oppido, Catanzaro e Reggio hanno operato il discernimento e accompagnato il cammino degli ordinandi fino a questo momento, ai Rettori che si sono avvicendati in un delicatissimo ma impagabile servizio, ai docenti, ai Direttori spirituali, ai Vice Rettori e agli Animatori presenti.
‘Nel dono e nel mistero – ha poi sottolineato il Vescovo – il DNA dell’identità del presbitero’: dono alla persona, dono per la persona; dono da accogliere e custodire; mistero, ‘tensione continua d’amore, per scoprire e riscoprire il posto preciso nel piano di Dio: l’essere nel tempo e nello spazio, qui, ora, dove si vive, strumento dell’eterno nelle vicende della storia’.
Dono, da rispettare e salvaguardare sempre, difenderlo da tutto ciò che lo potrebbe renderlo inutile e quasi inesistente. Mistero che può subire una sorte analoga alla dissoluzione del dono perché un abbandono della sua inesauribile ricchezza porta ad un impoverimento sempre più diradante della luce che ha in sé.
Poi un riferimento alle mani del sacerdote, strumenti delle mani di Dio, che porgono all’umano il divino. Nelle sue mani il pane ed il vino, trasformati nel Corpo e Sangue del Signore, diventano materia della nuova creazione. Mani, profumate e abilitate dall’unzione con il Crisma a strumento dell’amore di Dio per ungere, invocare, riconciliare, congiungere, benedire, consacrare. Tutti i Sacramenti passano attraverso le mani consacrate.
Tutto ciò si comprende e si vive solo nell’ottica della fede, e quest’Anno che l’ha al centro, deve restare per i nuovi sacerdoti a richiamo permanente di autenticità di ogni gesto o azione.
Quindi l’esortazione del Vescovo a Domenico, Antonio e Giuseppe ad essere uomini di perfetta comunione, con tutti: con i confratelli nel Sacerdozio e con tutti coloro che il Signore porrà sul vostro cammino. In una parola, l’invito ad essere uomini di pace perché ‘anzitutto in pace con sé e con Dio e, perciò, sempre, con tutti i suoi figli, buoni o cattivi che, ci sembrino: la benevolenza non si dissolve in buonismo, sempre e a tutti i costi, bensì in capacità di rapporti di una relazionalità prudente e equanime’.
E poi il forte invito ad essere ‘preti nuovi a servizio della nuova evangelizzazione per una Piana nuova’. ‘Parta con Voi – ha aggiunto il Vescovo – una nuova generazione di sacerdoti modello, cioè santi.
‘In quest’Anno Cantiere – ha proseguito Mons. Milito ‘ siete in tre ad essere accolti e a far parte pienamente nel Presbiterio diocesano. È un trio che richiama quello che Gesù s’è riservato ed ha preso con sé, Testimoni di eventi, che un giorno, avrebbero potuto raccontare a prova previa, pur se non compiutamente compresa – e diventata forza di amore maggiore: Pietro, Giacomo e Giovanni’. Per questo l’augurio che ‘l’amicizia che già vi lega, sia amicizia di autentico sostegno fraterno nel Signore’.
Poi l’attenzione del Vescovo verso quanti hanno contribuito alla loro costruzione e costituzione di uomini nuovi, ai genitori e alle comunità parrocchiali, di origine e/o di primo tirocinio pastorale, per cui veramente può dirsi che ‘ogni presbitero è sì dono del Signore, ma in certo modo dono «ottenuto», da tanti collaborazioni: il papà e la mamma, che l’hanno generato alla vita e ne hanno seguito lo sviluppo, la crescita, la prima formazione, imprimendo quel tocco che resta, per tanti aspetti indelebile e tipico, insieme ad altro respirati nell’ambito degli affetti familiari più stretti: fratelli, sorelle, nonni, zii, che restano i primi biografi di un itinerario vocazionale e perciò i destinatari del ‘grazie’ che, a nome della Chiesa, il Vescovo rivolge loro in questo momento’. Poi il commovente ricordo anche di quelli che il Signore ha chiamato a sé prematuramente: ‘dal Cielo sono associati in modo splendido a questa liturgia e nella visione contemplante di Dio portano i loro cari in un rapporto specialissimo di amore e protezione’.
Non poteva mancare un pensiero poi ai Parroci, perché ‘nella biografia di un nuovo Presbitero ce n’è sempre più di uno, il cui contatto ha rappresentato il primo riferimento di figura sacerdotale e poi un riferimento a tutti fedeli, che nella preghiera, e con sacrifici, talora con generosità silenziosa, hanno accompagnato la loro ascesa al Sacerdozio nella previsione paziente e gioiosa del giorno di grazia, oggi arrivato a compimento’.
E a conclusione dell’omelia la preghiera perché nella loro missione li segua, vigile e materna, la Beata Vergine del ‘Sì’, l’Annunziata, ‘ancora una volta madre accogliente in questa sua casa, che per ciò è casa nostra’.
Accanto a Lei, il grande Giuseppe, custode della Chiesa e modello esemplare dell’attenzione vigile, silenzioso, sollecita, operosa. Accanto a loro, nello splendore della Trinità, i Santi tutti del Paradiso, in particolare quelli che abbiamo perché più cari. ‘In questa luce di grazia – ha aggiunto il Vescovo – entriamo anche noi, rapiti dallo Spirito che sta per scendere su questi fratelli eletti da sempre e, da oggi, per sempre consacrati alla sua opera nel mondo’.
Quindi il prosieguo della celebrazione con i gesti eloquenti e i testi chiari della suggestiva liturgia dell’Ordinazione e dei riti esplicativi, in un crescendo di commozioni sempre più forti che sono culminate con l’abbraccio di pace dei nuovi presbiteri con il Vescovo, con tutti i presbiteri presenti e con i loro familiari, il tutto suggellato da un forte applauso che rimarrà sempre vivo nella mente e nel cuore di tutti i presenti.
Diacono Cecè Caruso