«Siamo venuti qui a scuola dagli operatori del carcere», ha sottolineato monsignor Milito, spiegando che nel prossimo anno diocesano della Carità «la questione carcere sarà tenuta viva costantemente». L’incontro «è l’inizio di un rapporto che permetta alla diocesi di prendere di petto questa realtà nel campo pastorale». «Fare un ponte col mondo esterno», dunque, come ha sottolineato anche il direttore Romolo Pani (erano presenti il comandante della polizia penitenziaria, il capo del’area educativa e il magistrato di sorveglianza), affermando che «questo è uno degli obiettivi dell’amministrazione penitenziaria, per preparare i detenuti al loro reinserimento».
Soprattutto per un carcere, come quello di Palmi, che al territorio è legato per le presenze di molti detenuti provenienti dai paesi della diocesi. Per questo, spiega ancora il vescovo, le parrocchie sono state invitate a lavorare «facendo scoprire del carcere tutte le sfaccettature, dai detenuti ai loro familiari». Una riflessione che fanno anche alcuni parroci. «Il carcere nonostante sia a due passi da noi, è sempre stato un luogo misterioso, eppure ospita tanti dei nostri – dice don Nino, parroco di Drosi ‘. Ognuno di noi parroci ha qualcuno lì dentro. È stata una forte esperienza: pregare nella cappella dove pregano loro, camminare nei corridoi dove camminano, entrare nel loro vissuto». Ma poi, aggiunge, «dobbiamo sempre ricordare che noi viviamo ogni giorno con le loro famiglie: il loro mondo lo abbiamo noi, non il carcere. Per questo il dialogo col carcere è necessario».
Ne è convinto anche don Pino, parroco di Polistena. «Dobbiamo impegnarci soprattutto col carcere che abbiamo nel nostro territorio. Io ho più di 50 detenuti tra i miei parrocchiani e quindi devo impegnarmi di più coi familiari. Oltre che andare dai carcerati dobbiamo andare da loro. Come Chiesa non lo abbiamo sempre fatto, e lo dico con rammarico». Ora vescovo, parroci e operatori del carcere lanciano «un appello al territorio per una vera condivisione con chi pur privato della libertà deve mantenere la propria dignità», come sottolinea don Pasquale, parroco di Gioia Tauro. «La nostra vuole essere una Chiesa che guarda con carità a questo mondo». Lo ha ripetuto proprio il Papa nel recente incontro coi cappellani, ricordato da don Silvio.