“Povertà e ministero”: è stato il tema della riflessione dettata da Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunità monastica di Bose, al clero della Calabria il 5 giugno scorso a Serra San Bruno, in occasione della giornata sacerdotale regionale.
Un evento promosso dalla commissione presbiterale regionale, presieduta dall’Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, Mons. Vincenzo Bertolone, che ha scelto il Santuario regionale Santa Maria del Bosco di Serra San Bruno, in occasione del V centenario della canonizzazione di San Bruno e del rientro dei Certosini nel monastero di Santo Stefano del Bosco.
All’esterno della chiesa del Santuario, la giornata è iniziata con la recita dell’ora media ed il saluto dell’arcivescovo Bertolone, che ha dato il benvenuto ai confratelli vescovi ed al clero, invitando tutti ad ammirare anche il luogo e la bellezza della natura che parla di solitudine, di silenzio, di raccoglimento, di “bonitas” e di vigilanza divina. Temi cari ai certosini ma anche a tutti gli operai della “vigna del Signore”, che sono stati ampiamente ripresi da Enzo Bianchi.
Il relatore, definendo i termini di “poveri” e “povertà”, alla luce anche del Magistero e della Sacra Scrittura, ha intrapreso un tentativo a far conoscere la povertà di Cristo, attraverso un’analisi antropologica e spirituale.
“Perché accumuliamo ricchezza? Perché siamo preda della frenesia del consumo? Perché siamo tentati dalla vertigine del piacere? Perché cerchiamo il potere ed il successo?” A questi interrogativi Enzo Bianchi ha risposto con alcuni passi della Sacra Scrittura che rivelano la causa perché la nostra povertà ci fa soffrire, nella prospettiva della morte che cerchiamo di combatterla e di negarla, per renderla il più possibile inefficace.
Per Enzo Bianchi “I poveri vanno conosciuti sulle strade della nostra vita, come faceva Gesù che non era benestante o povero materialmente, ma si è umiliato in piena solidarietà con gli uomini. Uno svuotarsi per affermare se stesso come Messia, mettendosi in contraddizione con coloro che lo seguivano spesso in cerca di potere. La povertà di un Servo che muore ingiustamente senza vedere i frutti di tutto ciò che ha seminato. Il rifiuto, il fallimento di una missione. La stessa povertà – secondo Bianchi – spesso vissuta anche da molti presbiteri, che dopo tanto lavoro assistono con dolore al fallimento di una missione pastorale. Ma, proprio in questa realtà triste della vita il presbitero conosce e vive anche il mistero della povertà di Cristo, la sua passione e la sua croce in attesa della risurrezione”.
“La povertà del presbitero – ha detto il priore di Bose – si gioca sulla qualità dell’umanità della fede in relazione a Cristo. Una povertà che chiede al presbitero di entrare nelle case, di andare nelle periferie reali ed esistenziali, dove c’è il peccato, dove c’è la povertà, dove c’è la disperazione, dove c’è la malattia, dove c’è l’anonimato e non vi posto per il riconoscimento. Come pastori bisogna entrare in queste situazioni diventando degli ospiti, per portare l’unica cosa vera a cui il presbitero è abilitato: la fraternità e il mistero del regno di Dio”.
Dinanzi anche ad una chiesa vista nella ricchezza, per Enzo Bianchi, alla luce anche degli appelli di Papa Francesco, “occorre che il presbitero scelga ogni giorno la povertà, mantenendo la dignità e la sobrietà presbiterale, per fare spazio alla bellezza delle relazioni”.
Un’azione pastorale vissuta nella trasparenza, nella limpidezza di coscienza, nella correttezza amministrativa, in piena comunione con il proprio vescovo e l’intero presbiterio.
“Ogni presbitero – così ha concluso Bianchi – resta oggi l’esempio fondamentale di Cristo, del suo spogliarsi per incontrare l’uomo e rivelare il volto di Dio”.
Intensa e suggestiva anche la concelebrazione eucaristica presieduta dal presidente della Conferenza Episcopale Calabria, Mons. Salvatore Nunnari, Arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano, alla presenza di alcuni vescovi della Calabria.
Alla luce della liturgia della Parola del giorno, Mons. Nunnari nell’omelia ha rimarcando alcune delle grandi realtà che spesso ostacolano il cammino missionario della Chiesa. Una pastorale che spesso si trova a dover fronteggiare nella solitudine l’enorme confusione del nostro tempo, nella difesa della verità e dei valori di fede. Realtà e mentalità tristi che attentano l’istituzione della famiglia, il dono della vita, la scelta del celibato, il vivere tra fratelli nella giustizia e nella verità…
Come si diventa coraggiosi testimoni della verità? Per Mons. Nunnari, “se viviamo la nostra vita da soli con noi stessi il coraggio della verità rimane solamente un sogno. Abbiamo paura! E’ molto più facile accordarsi con il mondo, scendere a compromessi, tacere e non disturbare. Sono scenari della vita quotidiana! Se viviamo, invece, come Cristo desidera, come la sua preghiera dice: “Padre fa che siano una sola cosa in te, tutto cambia. Non si è soli davanti al mondo, perché si è con Cristo”.
Ma il Presule ha ricordato a tutti i presenti che è una scelta che comporta una seria di rinunce, andando alla ricerca della comunione tra vescovi e vescovi, tra presbiteri e presbiteri, riconfermando il messaggio prezioso: “Io vivo in Cristo e Cristo vive in me”.
Una giornata vissuta pienamente nell’ascolto di più voci, che hanno sicuramente edificato il clero di Calabria, indicando un percorso di unità da vivere insieme, per la costruzione della civiltà dell’amore.
g.s.