Suor Nunzia ha esordito dicendo che la Chiesa pone le sue fondamenta proprio nel gesto di Gesù che si china, il samaritano si china a curare il malcapitato; e che il chinarsi nella storia sacra è segno della presenza amorevole del Signore che ad esempio nell’Esodo si china quando ascolta il gemito del popolo soffre; Dio stesso si china quando si incarna nel grembo della Vergine Maria, Gesù si china per lavare i piedi agli apostoli, quindi il Cristianesimo si fonda sul chinarsi di Dio.
La relatrice ha proseguito poi con l’esegesi della pericope del Vangelo di Giovanni 13,6 evidenziando come l’evangelista Giovanni nello scrivere il suo Vangelo usa un metodo “giornalistico” basato su tre livelli:
1) il fatto, il racconto cronologico dell’avvenimento;
2) il senso, il significato del racconto;
3) il giudizio, il chiamare in causa chi ascolta.
Suor Nunzia si è soffermata quindi nel suo commento sull’avverbio che introduce il racconto: “mentre cenavano..”, spiegando come il gesto di Gesù sia rivoluzionario, come quello del Samaritano, ma non per il gesto in se stesso quanto per il momento in cui Gesù lo fa (già nell’Antico Testamento si facevano le abluzioni prima di andare alla mensa). Gesù compie il gesto mentre cenavano: si alza, depone le vesti, si cinge il grembiule, e questo indica che grembiule e il catino non sono “altro”, ma sono la cena, sono cioè intrinseche all’Eucarestia. La Carità ha origine nella Cena santa. Gesù con quel gesto spiega come vivere l’Eucarestia: prendete e mangiate, ma lavate i piedi. Con ciò evidenziando la stretta unione che si instaura tra Eucarestia e Carità.
Per il commento di Luca 10,37 suor Nunzia si è soffermata sulla descrizione geografica dei luoghi della parabola spiegando com’è la strada che da Gerico porta a Gerusalemme: un continuo precipizio perché morfologicamente parlando esiste nei luoghi descritti un forte dislivello, con Gerusalemme che è la città simbolo del divino e del sacro, mentre Gerico è il simbolo del mondo, della cultura secolare e l’uomo che scende da Gerusalemme a Gerico, rappresenta l’intera umanità in cammino, carica dei suoi problemi, delle sue ferite.
Il racconto della parabola nasce dal dialogo tra Gesù e il dottore della legge che fa la domanda: “Cosa debbo fare per avere la vita che nasce e continua?”. Suor Nunzia ha spiegato come nella Bibbia intanto non si parla di vita eterna, ma di vita che nasce e continua, facendo notare il fatto che la domanda viene posta dal dottore come usavano i rabbini con i loro alunni: gli alunni ponevano le domande e il maestro rispondeva: “Cosa dice la Legge?” E l’alunno si interrogava sul contesto. Quindi il dottore che domanda è l’alunno e Gesù il maestro. La risposta alla domanda su come fare per avere la vita eterna (o meglio, perché la vita abbia senso) Luca la da sulla strada. Il Samaritano trova sulla sua strada un uomo che è stato percosso, spogliato e lasciato mezzo morto (Gesù spogliato, percosso, ucciso). Il Samaritano cura il malcapitato sporcandosi le mani, caricandolo sul puledro e mettendoci di tasca sua: “quello che spenderai di più te lo rifonderò al mio ritorno”.
Quindi le conclusioni: se soccorri e servi qualcuno compi i gesti di Gesù; se trovi qualcuno da servire è Gesù che stai servendo. Per questo l’invito ad amare in pienezza, amare di più, nella certezza che tutto ci sarà restituito al Suo ritorno. Il riferimento finale quindi all’Eucaristia con una citazione di don Tonino Bello che affermava che dall’Eucarestia “dovrebbe sprigionarsi una forza centrifuga così forte che noi siamo scaraventati fuori sulle strade del mondo per andare a portare Gesù Cristo” perché l’Eucarestia senza la Carità è un sacramento di sedentari e perché la Carità trova la sorgente solo nell’Eucarestia.
Numerosi gli interventi dei presenti per chiedere chiarimenti esegetici e suggerimenti a suor Nunzia che a tutti ha risposto forte anche della sua esperienza di vita tutta protesa al servizio e all’evangelizzazione.
Il nostro Vescovo, alla fine, è intervenuto per concludere l’incontro e per rispondere soprattutto ad una domanda di un delegato che si chiedeva se ci siano persone che possano ritenersi escluse dall’Eucaristia, che di per sé richiama alla comunione e alla carità. Il Vescovo, rispondendo ha affermato di essere rimasto estremamente colpito della risposta data da papa Francesco ad una recente domanda di un interlocutore: “E chi sono io per giudicare?”, ma nel contempo facendo presente che nel Vangelo, quando Gesù si trova davanti a situazioni moralmente problematiche, inviti sempre alla conversione e al cambiamento di vita, il semplice avvicinarsi a Lui era un invito alla conversione.
Concludendo Sua Eccellenza ha affermato che la carità è la dimensione fondamentale della vita cristiana e che essa non è delegabile: nel giudizio universale ciascuno di noi sarà posto dinanzi al proprio operato e in base ad esso saremo giudicati.
Immacolata Papasidero