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01/Gen/15

S. Messa di ringraziamento in Cattedrale

Si  è svolta nella Cattedrale di Oppido la sera del 31 dicembre  la solenne celebrazione del ringraziamento di fine d’anno con la santa messa e il tradizionale canto del Te Deum. Un’occasione che ha visto riuniti i fedeli accanto al loro Pastore, il Vescovo Mons. Francesco Milito, che nell’omelia ha avuto modo di ripercorrere  quanto accaduto  nell’anno ormai passato e di riferirsi ai propositi e ai voti augurali per il  nuovo anno.

     Il Vescovo ha sottolineato come la celebrazione che si stava vivendo costituisse un continuum con il giorno di Natale che è un vivere nella fede l’oggi della storia della salvezza, perché ogni fatto, ogni mistero cristiano, cioè ogni ricchezza dell’amore di Dio è l’oggi del Signore che viene. In quest’oggi il Signore ci visita, ci redime, ci dona la sua grazia e l’essere ancora nell’oggi del Natale ci permette di farci attenti, contemplativi e di non lasciar passare in modo superficiale ciò che abbiamo celebrato appena sette giorni fa.

     “Siamo ancora nel giorno del Natale  – ha affermato il Vescovo – e in questo giorno a rendere piena la conclusione interviene lo stesso Vangelo dell’Aurora del Natale ma con una  conclusione che l’evento della Circoncisione del Signore ci aiuta a comprendere nel suo profondo significato”. Il Vescovo ha ricordato come non molti anni fa il primo dell’anno si celebrava  propria questa festa, la Circoncisione del Signore, un atto che in Israele significava nel segno della carne il primo sangue dato per l’Alleanza, il primo appartenere a un popolo, il vivere in anticipo il mistero pasquale e  Gesù vive nella sua carne, questo segno, diventa a tutti gli effetti membro del popolo e  dimostra come il Figlio di Dio, crescendo una volta venuto nel mondo,  in niente si sottrae a ciò che la sua venuta esigeva.

     Il Vescovo ha però sottolineato come il Vangelo del giorno ci aiuta a comprendere soprattutto  che con questa venuta si erano veramente realizzati i tempi maturi, come dice l’Apostolo Paolo, “nella pienezza del tempo”, cioè quando il Signore aveva predisposto tutto perché nient’altro ci fosse che la sua presenza e  che se oggi siamo nell’ottava del giorno di Natale, oggi siamo nella pienezza di Dio, cioè l’umanità nient’altro ha ancora da sentire e da capire, se non questa parola definitiva che è stata detta: è in lui, in questa Parola, che tutte le altre parole sono nuove, come se il cristianesimo fosse un vocabolario in cui c’è una parola ma tutte le altre parole dipendano  da essa, come se fossero le note di un pentagramma che messe insieme danno la musica. E’ alla luce di questa pienezza che acquista un senso la storia dell’uomo.

     Il Vescovo proseguendo ha considerato come alla fine dell’anno si tirano tante somme: chi è attento alla realtà finanziaria, cerca di vedere come vanno queste cose, chi deve fare delle spese, vede come deve fare, chi lavora nel commercio cerca di dar forma alle sue possibilità,  domandandosi:  “Chi crede, come vive l’ultimo giorno dell’anno e come si proietta in avanti? Richiamando questa grande verità: siamo nella pienezza del tempo!  Ma abbiamo coscienza in questo momento di questa pienezza?”.

     Il Vescovo ha proseguito: “Pensando a questa pienezza, se facciamo un esame di coscienza riferendoci alla vita della nostra Diocesi nell’anno trascorso, quante cose affiorano come presenza bella di Dio, e forse quanti  eventi che sembrano essere stati un allontanamento, un rifiuto totale di capire cosa sia la vita della fede” sottolineando, però,  l’importanza di leggere tutto alla luce della fede, perché niente nella vita cristiana va considerato come un accidente, niente come umano, ma tutto diventa linguaggio che il Signore ci manda per poter capire in questa pienezza ancor di più la pienezza del Signore: ecco perché a fine anno riguardiamo i punti positivi, l’intervento amorevole di Dio, e quelli che ci sembrano negativi, che ci dicono il nostro essere stati un po’ lontani da lui, perché l’arricchimento dell’esperienza fatta ci aiuti a guardare in avanti con molta più solennità, prudenza e consiglio.

     “Ecco perché questa sera  – ha proseguito S. E. – è il momento del ringraziamento e della preghiera. Tra poco vivremo il passaggio tradizionale al nuovo anno con lo stare insieme in famiglia, che indica questo vivere insieme la storia,  una storia che passa. In tante altre realtà si vive  questo momento nel silenzio e nell’adorazione, nella preghiera perché il tempo come dono di Dio rischia di sfuggirci e  perdiamo tutta la carica di grazia che deve alimentare la nostra vita”.

     Celebrare l’Eucaristia alla fine dell’anno e  in questa Eucaristia rendere lode al Signore con canto del Te Deum,  significa dire a Lui che tutto ciò che quest’anno è avvenuto è dono della grazia di Dio e anche l’esperienza del peccato può essere grazia di Dio non perché è peccato, ma perché possiamo vivere nell’amarezza la gioia del ritorno a Lui.

     Ecco perché ogni anno si lascia alle spalle ciò che di negativo c’è stato e quando diciamo “anno nuovo, vita nuova” si intende affermare che il nostro cammino per quanto accidentato possa essere ha sempre possibilità di riprendersi nella forma migliore e questo lo facciamo nella coscienza di essere diventati figli di Dio e con la certezza che Maria ci accompagna come Madre di Dio e del Salvatore

     Ecco perché il primo dell’anno si apre con il dono di Maria, Madre di Dio, quasi a dire: siamo tutti piccoli, Gesù,  e tutti  abbiamo bisogno di una mamma che ci comprenda e ci accompagni.

     E si capisce come in questo contesto di essere visitati da Dio, la Chiesa ogni primo dell’anno celebra la Giornata della Pace il cui tema quest’anno è  “Non più schiavi, ma fratelli” perché se si appartiene  alla stessa famiglia non si può essere schiavi,

 

perché siamo figli dello stesso Padre e solo il peccato non ci fa vivere questa grande verità.  Per questo il Vescovo si è domandato: “Ma se non viviamo questa verità nel piccolo, come la possiamo realizzare in grande? Se dove scorre lo stesso sangue sembra impossibile avere rapporti di fiducia reciproca e di pace, ma possiamo pretendere che popoli diversi  per mentalità, per lingua, per costume e storia non si guardino in cagnesco e cerchino di farsi guerra tra loro?  Ma le cose non stanno così, perché  dall’inizio Dio ha creato l’uomo e la donna tutti allo stesso modo, tutti  alla  stessa immagine. Primo dell’anno, Festa della Pace, non schiavi, ma fratelli, perché tutti lo siamo nel Signore Gesù”.

     Quindi l’invito a  dire grazie al Signore per tutti i doni che ci ha dato, per tutti quegli eventi che hanno segnato quest’anno, dire grazie al Signore per la grazia che ci ha donato nonostante i nostri peccati.

      E il richiamo ai buoni propositi per il nuovo anno, per far sì che il positivo venga confermato e il negativo venga sopito e tutti noi  facciamo un passettino in avanti per una crescita maggiore nell’età dello Spirito con l’augurio finale che l’anno che abbiamo dinnanzi possa diventare per noi, per le nostre famiglie ancora un anno di grazia del Signore, guardando in avanti  e chiedendo a noi stessi cosa ciascuno possa fare in quest’anno, quale è il contributo che io posso dare per l’edificazione della città, della realtà civile, perché la Chiesa passo andare avanti e possa avvalersi della mia grazia.

     E la conclusione: “Che la santa Famiglia ci protegga, che il Signore ci guardi perché solo l’Eterno dà senso alle nostre giornate e riempie i nostri momenti della  sua grazia di Padre, del Figlio e con la forza dello Spirito Santo!”.

    E così ci introduciamo nel 2015 con la speranza di essere avvolti dal “Fulgore della Verità”,  perché la nostra Chiesa locale in questo nuovo anno proceda più spedita sulla via della nuova Evangelizzazione per attirare al Signore, lui che è Via  e Verità e Vita,  sempre più persone bisognose di un riferimento sicuro.

 Cecè Caruso

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