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23/Set/15

L’immissione canonica di don Pino Sabato nella Parrocchia Santa Maria de Merula di Molochio

Continuano nella nostra Diocesi le immissioni canoniche dei nuovi Parroci e sabato sera, 12 settembre, nella ricorrenza della Festa del SS. Nome di Maria, nonché per Molochio Solennità della Titolare della Parrocchia, è stata la volta di don Pino Sabato che ha lasciato la parrocchia Maria SS. del Soccorso di Giffone per assumere l’incarico nella Parrocchia Santa Maria de Merula di Molochio.

E così che, accompagnato dal nostro vescovo, Mons. Francesco Milito, don Pino, sorridente e commosso, ha fatto il suo ingresso nella Chiesa parrocchiale accolto dai numerosi fedeli convenuti anche da Giffone e da Sinopoli, paese natale di don Pino, alla presenza anche di numerosi sacerdoti, diaconi e autorità civili e religiose.

All’inizio della solenne concelebrazione, dopo l’intervento di un membro della parrocchia che nel ringraziare don Giovanni Battista Tillieci ha evidenziato il particolare stato d’animo dei fedeli per la sua sostituzione, ma nel contempo l’atteggiamento composto dei fedeli che nel nuovo parroco ripongono le speranza per una presenza vicina soprattutto ai giovani della Parrocchia, don Pino ha ringraziato il vescovo per le fiducia riposta in lui e i fedeli per l’affettuosa accoglienza facendo presente che il suo sarà un ministero di servizio, rivolto soprattutto verso le periferie esistenziali della parrocchia.

Il vescovo per il suo pensiero ha tratto spunto dalle letture della XXIV domenica del Tempo Ordinario, a partire dal vangelo di Marco contenente il primo annuncio della Passione sottolineando le radicali esigenze della vocazione cristiana. Infatti, è a partire dalla domande che Gesù pone ai discepoli e dalla risposta che Pietro gli dà che si comprende come Gesù per chiarire la verità parziale compresa dalla gente sulla sua persona, quella di essere il Cristo, vale a dire il Messia, l’Unto di Dio, il suo consacrato, e per aiutare il popolo ad entrare nel suo mistero, parli della sua sorte futura, spiegando che al Messia toccherà una sorte  non immaginabile e che in lui si compirà ciò che è stato prefigurato dal profeta Isaia nei canti del Servo.

E quando Pietro nella sua immediatezza gli dice: “No, questo non ti dovrà mai accadere”, si comprende il perché della risposta terribile di Gesù: “Fai silenzio, Pietro, perché in te parla Satana”. Per questo: “Satana, va’ dietro di me” perché tu in quest’opera di salvezza che io devo compiere, devi stare dietro di me. E quando questa catechesi è completa, Gesù impone il silenzio proprio perché di lui o si accetta in pieno la sua rivelazione che passa attraverso la sofferenza e la croce, o la fede nei suoi confronti sarà sempre incompleta e riduttiva. E’ a questo punto che Gesù per rincarare la dose spiega chiaramente alla folla cosa significa seguirlo veramente: “Se qualcuno vuole venire… prenda ogni giorno la sua croce”, vale a dire tutta la vita perché non c’è giorno in cui il discepolo può staccarsi dalla Croce, metterla da parte e chi si mette a seguire il Signore sappia che uscirà da questa appartenenza a lui mezzo crocifisso. E poi l’ultima espressione: “Chi vorrà salvare la propria vita…” cioè viverla secondo i suoi criteri, la perderà; usando i criteri del Signore, potrà stare tranquillo che la salverà, perché in lui c’è salvezza perché Salvatore, in lui c’è salvezza, perché Verità.

Il vescovo ha sottolineato a questo punto che la pagina del vangelo del giorno è utile perché anche noi ci poniamo questa domanda per rispondere non con quello che abbiamo studiato nel catechismo e con la professione di fede cristologica che recitiamo nel Credo, ma in pienezza di verità e domandarci “Ma per me Gesù Cristo è veramente quello che è o me lo sono fatto a mio uso e consumo? Mi sono ritagliato un Gesù Cristo col quale posso stare comodo o riesco a comprendere che la vera esperienza di Gesù porta ad avere quell’esperienza che lui ha fatto e che solo in questa dimensione e direzione, chi si dice cristiano, di Cristo, può essere veramente cristiano e che nella misura in cui rifiutiamo, ci scrolliamo di dosso, mettiamo da parte la Croce, non siamo seguaci del Signore, ma seguaci di satana, nemici della croce?”

“La parola ascoltata nel Vangelo – ha aggiunto il vescovo – diventa chiarificatrice di noi stessi perché se diamo la vita veramente a Gesù Cristo, altra sorte non c’è per noi che la sua, se gli andiamo dietro il suo itinerario di Via Crucis diventa il nostro, se veramente per noi egli è tutto, tutto ciò che lui ha vissuto diventa anche nostra vita”. Per questo di Gesù Cristo dovremmo fare il soggetto principe ed unico della nostra meditazione e approfondire il suo mistero di amore è l’unico modo per essere autentici dentro e fuori.

Il vescovo ha comunque sottolineato che di fronte al mistero della morte del Signore sta l’evento della sua risurrezione ed è per questo che una vera vita cristiana già intravede e in sé realizza la pienezza del mistero del Signore: “Ecco perché andando a lui, parlando con lui, facendo nostro il suo pensiero ci conformiamo a lui e ci possiamo dire veramente cristiani”. E da qui si comprende come la credibilità del seguace non siano le parole o le manifestazioni esterne, ma le opere concrete. E qui il richiamo forte alla lettera di Giacomo e al suo ragionamento logico: “Tu mi dici di avere la fede, mostrami le sue conseguenze, le opere” perché se le opere ci sono e sono frutto della fede e non di vuoto attivismo, allora vuol dire che c’è la fede. Ma se dici che hai la fede e non vivi così, allora non c’è niente.

Il vescovo ha, pertanto, invitato i fedeli a ringraziare il Signore di questo ricordo che ci fa “in questa occasione di gioia per questa comunità nel momento in cui queste verità vengono affidate a don Pino che in mezzo a noi questo deve fare e questo si è proposto nella prospettiva della continuazione dell’opera intrapresa dai suoi predecessori nella certezza che nel Signore tutti i problemi si superano e che lui ci aiuta ad entrare nella croce, per quanto pesante possa essere”.

Il vescovo, ricordando la solennità di Santa Maria de Merula, patrona della Parrocchia e della comunità, ha evidenziato come se si dice Maria, si dice Gesù e quando si dice la Madre del Signore, si dice quella persona che per prima ha seguito il Vangelo. Per questo consegnare a don Pino questa comunità in questo giorno attraverso le mani di Maria significa farlo nel migliore dei modi, peraltro a un suo devoto figlio, la cui vita è stata sempre segnata dalla presenza della Madonna. E rivolgendosi a don Pino ha concluso dicendogli: “Con Maria, caro don Pino, stai tranquillissimo perché sei tra le sue mani. Segui Gesù e lui sarà per te fonte della pace vera e duratura e sarà per te fecondità nel tuo ministero”.  Infine il plauso del vescovo ai fedeli di Giffone per le loro qualità umane e ai molochiesi per la maturità da loro dimostrata con gli auguri di un ministero fatto di collaborazione tra parroco e fedeli perché tra pastori e gregge si crei quella continuità nel tempo che ci fa comprendere che il Signore non abbandona mai nessuno. “Avanti nel nome di santa Maria de Merula!”.

 

Cecè Caruso

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