I temi trattati negli incontri si sono prestati a dischiudere davanti agli uditori un nuovo volto della missione, facendone cogliere anche la sua evoluzione, almeno dal Concilio fino ai nostri giorni e facendo comprendere come la missione debba essere colta come una “grazia” nel senso che essa, nel momento in cui la facciamo, diventa come l’attualizzazione del dono di sé per gli altri, come un movimento del cuore che sottrae il suo attore ai suoi egoismi per aprirlo agli altri nell’amore. I presenti sono stati così aiutati a prendere coscienza che impegnarsi nella missione significa entrare in un processo di conversione perché solo una Chiesa che si lascia evangelizzare può avere le possibilità e la voglia di evangelizzare, così come aveva ben detto nell’ Evangelii nuntiandi.
Don Mimmo negli incontri ha evidenziato i principi teologici della missione: tutta la Chiesa è missionaria; ogni cristiano è missionario in forza del battesimo; nella Chiesa ci sarà sempre bisogno di missionari professionali, ad vitam; persone che lasciano tutto, come gli Apostoli, per mettersi interamente al servizio del Vangelo. Ha fatto comprendere soprattutto, come “la comunione missionaria” per certi versi può ritenersi come la novità della missione del nostro tempo, richiamando il modello missionario vissuto dalla comunità di Gerusalemme, dove tutti avevano un cuor solo e un’anima sola per dedicarsi alla missione e dove il piccolo numero dei credenti era divenuto ben presto una moltitudine grazie alla presenza del Signore risorto (cf. Atti 2, 42-47).
La contemporanea celebrazione del Sinodo sulla famiglia, ha dato poi a don Mimmo l’occasione di ricordare la straordinaria potenzialità missionaria del nucleo familiare unito dal matrimonio cristiano. La famiglia come piccola Chiesa, unita dall’amore scambievole vissuto dai suoi membri, può far risplendere la presenza salvifica del Risorto col vantaggio di presentarsi soprattutto come chiesa domestica “in uscita” verso il mondo, come vuole Papa Francesco. Negli incontri notevoli sono stati gli interventi dei partecipanti agli incontri che, in tempo di incontro di popoli e di culture diverse, hanno compreso come la Chiesa debba imboccarsi le maniche per agire in modo che il mescolarsi dei popoli non degeneri in forme di discriminazione, ma piuttosto diventi occasione di solidarietà e arricchimento reciproco.
Naturalmente negli incontri non è mancato il racconto dell’esperienza missionaria di don Mimmo che per più di venti anni ha vissuto in Senegal un tipo di missione grandemente dedita alla prima evangelizzazione, coinvolgendo i cristiani trovati sul posto in tutte le iniziative che si ritenevano necessarie per il bene della popolazione affidata alla missione. E così che l’amore dimostrato a questa gente diventava un’occasione per iniziarli al cammino cristiano. Poi nel 2004 don Mimmo viene trasferito in Congo, come formatore in un seminario che riuniva i candidati di diverse nazioni africane e per dirigere e insegnare in un istituto di missiologia da poco creato per tutta l’Africa.
Don Mimmo ha invitato tutti a continuare ad aiutare le missioni con la preghiera, il sacrifico e l’aiuto finanziario perché queste Chiese sorelle di recente fondazione hanno ancora bisogno del nostro sostegno spirituale e materiale, mancando ancora oggi di mezzi e infrastrutture, sottolineando come l’aiuto andrebbe fatto in modalità che si propongano di andare oltre la semplice elemosina, ma inserendolo in una progettualità partecipativa che aiuti i poveri a uscire dal cappio della loro povertà.