Di seguito la relazione introduttiva di mons. Francesco Milito, vescovo di Oppido Mamertina-Palmi.
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1. Dal Cantiere aperto nell’Anno delle fede (2012-2013) siamo stati introdotti negli anni successivi (2013-2016) ad entrare nel mistero trinitario, contemplato nell’oceano di luce della sua natura – Carità, il Padre; Verità, il Figlio; Unità, lo Spirito Santo – per viverne come riflesso personale e comunitario il fuoco, il fulgore, la passione attraverso le opere di misericordia corporali, di misericordia spirituali e dei Sette doni. Per una felicissima coincidenza l’Anno dell’Unità, che volge al termine, ha incrociato il Giubileo della misericordia in perfetta sintesi con gli obiettivi da noi messi a fuoco negli anni precedenti. Una conferma gioiosa di aver respirato con il battito di amore della Chiesa e dei bisogni del mondo, già in anticipo.
A sviluppo teologale ci predisponiamo ora a vivere l’Anno mariano come sbocco dal ciclo trinitario, e in provvidenziale sintonia con il Centenario delle Apparizioni di Fatima, avvenute, or è un secolo (1916) con le apparizioni dell’Angelo ai Tre Pastorelli – Lucia, Giacinta e Francesco, questi ultimi nell’albo dei Beati della Chiesa –, propedeutiche a quelle della Beata Vergine l’anno dopo (1917). La Trinità eterna, inaccessibile, divina, increata si fa in Maria accoglienza nel tempo, dimora per gli uomini, prossimità dell’umano, arte in una creatura: suo specchio, suo cielo in terra. Maria è la tenerezza della Trinità, accessibile, credibile, accogliente, con volto e cuore materno, tutto umano e tutto spirituale, l’arca e la porta d’ingresso dagli anni della storia terrena a quella senza fine della visione beatifica. Per questo il ciclo trinitario si allarga, senza esserne delimitato, ma generando e accogliendolo, nel circolo mariano, dall’istante dell’immediato concepimento della Vergine alla sua assunzione in cielo nella progressiva esplicitazione dell’essere la “piena di grazia”: l’annunciazione della maternità, la nascita e la crescita del Verbo negli anni di Nazareth, la presenza discreta ma vigile della vita pubblica, il dolore acutissimo per la passione e morte del figlio unico – in tutti i sensi –, il gaudio nella risurrezione e l’accoglienza, come Figlia del Figlio, nella nuova maternità, gli apostoli, la Chiesa nascente e la Chiesa di tutti i tempi fino alla trasfigurazione nella Gerusalemme celeste.
Così si svolge la storia sacra dell’uomo: dalla sorgente al fiume di grazia, che vivifica e feconda il mondo con la redenzione in Cristo, sorretta da Maria, allo sbocco in Dio: tra sorgente e foce un unico flusso, un unico tragitto, un solo orizzonte, con Maria come bussola, vento e vela.
2. È in una famiglia, e con categorie di famiglia, che la Trinità s’è rivelata, ha assunto il linguaggio dei segni e ha parlato la lingua degli uomini. L’Eden sta ai progenitori Adamo ed Eva, come Nazareth sta ai genitori Maria e Giuseppe, a motivo dell’identico figlio – di Dio e di Maria – in una tessitura e di simboli e di analogia su cui Padri, Teologia, Magistero della Chiesa e mistica di anime privilegiate continuano a scoprire inesauribili ricchezze di comprensione sempre più ammirevoli. È il disegno divino sulla famiglia che viene ricordato e ricondotto alle sue origini proprie per difenderlo da permanenti deformazioni cui va soggetto.
Sullo sfondo della rivelazione, che fa della famiglia umana il riflesso della famiglia divina, più evidenti e sfasate risultano le distanze, quando la prima si allontana della seconda perdendone i riferimenti fondativi.
Si può dire in nessun campo appare evidente la distanza-distacco Dio-umanità, come quando lo si nota nel distacco-distanza Dio-famiglia. Chi tale binomio deforma o rinnega, contribuisce a rendere difficile e incomprensibile – pur senza averne chiara consapevolezza o responsabilità cosciente – Dio-Trinità d’amore. Per questo la crisi del mistero famiglia è sempre speculare della crisi sul mistero di Dio, avvenga ciò per individuali valutazioni o collettivi orientamenti. Per questo nel nostro tempo la Chiesa ha messo a fuoco la famiglia, perché non vada a fuoco il mondo e la famiglia.
3. Saranno a novembre tre anni da quando il mondo cattolico è stato coinvolto a collaborare attivamente alla riflessione sinodale in vista dell’Assemblea Straordinaria su Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’Evangelizzazione, svoltosi l’anno dopo (5-19 ottobre 2014), ed è passato poco più di un anno dall’Assemblea Ordinaria sul tema Gesù Cristo rivela il mistero e la vocazione della famiglia (4-25 ottobre 2015). Alle riflessioni di apertura e conclusive di Papa Francesco dedicammo ampio spazio nel primo giorno del Convegno Pastorale diocesano qualche mese dopo (10 dicembre 2015), impegnandoci a riprendere e sviluppare le consegne sinodali quando il Santo Padre le avrebbe date alla Chiesa.
La sua sollecitudine non s’è fatta attendere. Il 19 marzo di quest’anno, nella Solennità di san Giuseppe (lo stesso giorno del Decreto sulla ripresa delle Processioni in Diocesi) papa Francesco ha emanato l’Esortazione apostolica postsinodale sull’amore in famiglia, con un titolo luminoso e diventato – per restare in tema – ormai familiare: Amoris laetitia, dai primi termini con cui si apre il testo latino, e che nella lingua italiana risuonano come un inno che, intonato a solo, diventa corale: “La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa” (1).
Lo spartito che segue è una sinfonia complessa con toni ora melodici, ora melodrammatici, mai, tuttavia, cupi e sempre aperti in una fuga, che fa avvertire il fiatone della difficoltà, ma il superamento delle stesse in vista di un’armonia finale, anche quando sembrerebbero presenti delle dissonanze. Conseguenza: all’Amoris laetitia, non ci si può avvicinare come ad una canzonetta di amore con i motivetti che piacciono, piuttosto come ad una potente opera sinfonica da seguire con trasporto per non perderne nessuna sfumatura. Neppure è una casetta, poetico nido d’amore, dove si entra e ci si ferma all’ingresso o alle prime stanze. L’Amoris laetitia è un palazzo, così ben strutturato, che può e deve essere abitato, – cioè sentirlo come proprio, solo se ne scopre la perfetta architettura strutturale e di servizio e se ne coglie la funzionalità.
Piuttosto è un Grand Hotel a ***** dove si può soggiornare, senza pagare alcun conto, fino alla lettura completa e al beneficio che se ne ricava, anche quando c’è bisogno di attardarsi più del previsto. Per questo non si può ammirarlo solo dell’esterno, fermandosi a qualche particolare di più immediata curiosità, o preferirne a piacimento qualche interno in ricerca di arredamenti mentali che risultano di proprio gusto perché di moda o comodo per autoconvinzioni.
4. L’Amoris laetitia va esplorata tutta, per tutta abitarla e sentirsi veramente a casa dell’amore. Perché in questo consiste la sua peculiarità: è una riflessione sull’amore nella famiglia, quindi sul suo connettivo primo, non un prontuario per quiz a domande/risposte lampo e chiuse. Invero le domande ci sono e se le pone, le recepisce e le condivide l’Esortazione. Le risposte hanno bisogno di entrare nella logica spiazzante del Vangelo per essere anzitutto comprese e quindi condivise.
Come presbiterio diocesano, all’Amoris laetitia nei mei scorsi abbiamo dedicato più di una volta la nostra riflessione di pastori, avvertiti e consapevoli del ruolo specifico, che siamo chiamati a svolgere per la famiglia, antica quando il mondo degli umani, ma sottoposta a sfide formidabili e radicali, forse mai prima d’ora tendenti a sconvolgerne natura e significato. Abbiamo coscienza di dover procedere a una conversione pastorale, cioè di mentalità nuova che richiede insieme rifiuto di posizioni rigide o atteggiamenti accomodanti, con il cuore del Buon Pastore in un rapporto di chiarezza nella carità della verità.
5. Vogliamo ora allargare l’attenzione a tutto al Diocesi perché, a partire da questo Convegno cominci col diventare patrimonio comune e sicuro e, come si addice ai veri approfondimenti e alla conoscenza della fonte, affidandoci a competenti che ne aiutino l’esplorazione. A tal fine nella valigetta del Convegno, tra il kit vario e assortito, si troverà il testo integrale dell’Amoris laetitia e la guida per una lettura piana e chiara di tutti i nove capitoli di cui si compone. Se Papa Francesco ci parla con il testo, la guida al commento è presente tra noi, il prof. Maurizio Gronchi, autore qualificato, in quanto professore ordinario di Cristologia alla Pontificia Università Urbaniana in Roma, Consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e, quel che più ci interessa, della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi e presente in qualità di esperto alle due Assemblee sinodali sulla famiglia (2014 e 2015), nonché autore sull’argomento del volume Chiesa sinodo e famiglie, edito quest’anno della Libreria Editrice Vaticana.
Affinché tra l’ascolto e l’apprendimento che faremo, possiamo essere accompagnati, ai fini del Convegno gli abbiamo chiesto di portarci per mano tramite la sua esperienza, confluita nell’opera Amoris laetitia. Una lettura dell’Esortazione apostolica post-sinodale sull’amore nella famiglia e per noi con una riflessione su la figura di Maria nella famiglia di Nazareth. Siamo ancora più agevolati a seguirlo nell’esposizione, avendo tutti i presenti il testo della sua relazione.
Cominciamo così a porre punti fermi, per meglio inquadrare, dopo, punti di sostegno, quali ci saranno dati con Comunicazioni prospettiche in Diocesi, preparate dagli organismi competenti:
– Percorsi unitari di preparazione al Matrimonio secondo le Linee della CEI e della CEC;
– il Consultorio familiare;
– il Tribunale Ecclesiastico Diocesano per le cause di nullità matrimoniali.
Al prof. Gronchi e ai Direttori dei nostri Uffici un vivo ringraziamento per il servizio che ci rendono questa sera, premessa e promessa di quello che, con più rafforzata convinzione, continueranno a darci il silenzioso, prezioso, riservato lavoro di collaborazione offerta, stimata, desiderata.
A tutti Voi, il più caloroso ben venuto con la certezza che, con la carica di oggi e di domani ritornerete alle comunità di cui siete eletta rappresentanza più apostolicamente motivate e generose.
+ Francesco Milito, Vescovo