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23/Dic/16

Omelia della S. Messa celebrata dal Vescovo presso il Porto di Gioia Tauro

Di seguito pubblichiamo l’Omelia del Vescovo, mons. Francesco Milito, durante la Santa Messa celebrata presso il punto ristoro del Porto di Gioia Tauro.

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Possa la parola, che parte dal cuore di Dio, arrivare al cuore degli uomini con le letture che abbiamo ascoltato. Sofonia si rivolge a Gerusalemme per dirle che la sua realtà di sofferenza passerà. Questo è vero perché il Dio fedele mantiene le promesse al di là le apparenze. L’incontro di Elisabetta con Maria ha lo stesso invito, per cui la gioia diventa più ampia e l’esultanza dello spirito per il dono dello Spirito. Maria sa che la cugina attende un bambino nonostante la sua sterilità, Elisabetta non sa fino a quel momento che Maria Vergine porta con sé un bimbo e da questa illuminazione reciproca, prima che Elisabetta saluti la Madre del suo Signore, il frutto del grembo le esulta dentro, precorrendo Giovanni, il precursore del Signore, la gioia della sua presenza.

C’è qualcuno che l’ha fatta diventare a distanza secoli, la gioia, oggetto di un inno internazionale, Beethoven nella Nona Sinfonia. Ma che cos’è la gioia? Non è un sentimento passeggero, neanche un’emozione fugace che lascia un po’ di dolcezza intima. Ci sovviene quando abbiamo l’amaro dentro, per tanti motivi, o è qualcosa di non bello nelle fasi della vita.

La gioia fondamentalmente è la certezza di sapere che Dio è con noi, per questo è l’Emmanuele; che si prende cura con noi, per questo ci accompagna; che se viviamo di questa certezza, nella vita, siamo sempre alle altezze di Dio. Per tale motivo a pochi giorni dal Natale, quella gioia, l’evangelo che gli angeli diranno a pochi pastori, viene anticipata nel sentimento che unisce queste persone piene di Spirito Santo.

Maria, dopo Elisabetta, eleverà il canto stupendo del Magnificat dove, nella chiarezza della realtà toccata a lei e per la storia, tutto esalta in nome di Dio. La stessa cosa farà, ormai non più muto Zaccaria, quando benedirà il Signore per le grandi opere compiute nella sua famiglia. Elisabetta, che saluta Maria è pervasa da questa grande felicità. La gioia cristiana non è un sentimento di passaggio, ma una dimensione interiore, perché fa certi che il Signore è qui con noi, e questo riempie la vita di tanta forza.

Perché la gioia può essere possibile? Come ottenerla? Noi ne abbiamo sentito il segreto questa mattina: Elisabetta può esultare, e Maria anche, perché lo Spirito Santo è sceso su di loro. Diremo, allora: abbiamo da aspettarci una speciale discesa dello Spirito Santo per essere nella gioia? Abbiamo da avere eventi particolari nella vita per avere questo dono? Non è così! Il cristiano, in quanto battezzato, quindi in quanto già nato alla grazia di Dio e poi negli anni della crescita, se riconciliato, comunicato e cresimato, riceve questo dono in modo crescente sempre più forte, specie nei momenti in cui la sua vita è consacrata dai sacramenti della vocazione, il matrimonio e l’ordine sacerdotale.

Lo Spirito è dentro di noi. Soltanto che, come spesso avviene, non abbiamo coscienza di quello che siamo, di quel che abbiamo. Anche la nostra identità non è pienamente nota a noi stessi, ancor di meno agli altri. Ma quando ci conosciamo e conosciamo, sappiamo come comportarci, come relazionarci. Chi ha coscienza di sé, e non ha persa la sua identità, dentro le opere ha anche la fede. La gioia è dono di Dio e frutto dello Spirito e abita nei nostri cuori. Abbiamo da renderla più viva, più efficace, più cosciente per guardare in avanti con fiducia: ne abbiamo bisogno.

Ogniqualvolta noi ci fermiamo a leggere il mondo che ci circonda quanti motivi avremmo di non essere nella gioia, quante ragioni di preoccupazione, quali interrogativi che stanno sul nostro presente e sul nostro futuro! La certezza che Dio è con noi, ci fa sicuri che Egli ci accompagna.

Voglio essere più concreto. In questi mesi, chi vi parla – don Gildo (Cappellano del Porto di Gioia Tauro) lo sa – non ha avuto meno apprensione di Voi per le sorti di centinaia di operai del Porto. L’idea di far sentire la voce della solidarietà è stata viva. Ma resto convinto che, quando si parla come Chiesa sul sociale, bisogna sapere bene quel che si dice, evitando di andare dietro a onde del momento e delle cronache, per centrare il cuore del problema che non sempre è tutto chiaro, come appare.

Sapere che all’orizzonte centinaia di persone potrebbero restare senza lavoro ha delle spiegazioni fondate, ma certamente non fa mettere da parte la preoccupazione per il loro futuro. Come accordare una contingenza così particolare con la gioia interiore? Affidiamoci al Signore, ma facciamo di tutto perché questo affidamento conosca la nostra collaborazione. Maria ed Elisabetta hanno avuto il dono della maternità, ma hanno portato avanti loro la gravidanza, non il Signore. Avere dei problemi gravi anche nel Porto vuol dire affidarsi sì, ma collaborare. E capisco bene che la collaborazione comporta diverse responsabilità a più livelli, ma la situazione è tale da richiedere che ognuno faccia la sua parte, e sentimenti e apprensioni se non scompaiono almeno sono più precisamente focalizzate.

In questa celebrazione, aperta per la prima volta anche alle maestranze, chiedo al Signore: Signore, tu sei con noi perché ti prendi cura di noi come tuoi figli: dacci la forza di stare anche noi con Te per fare ciò che ci compete. Con questa sinergia si può guardare in avanti con maggiore fiducia e speranza, sapendo che Tu indicherai le vie anche attraverso le scelte degli uomini.

In tale prospettiva, do a voi gli auguri più belli di buon Natale perché, sciogliendo il Governo nodi forti, come in questi giorni sentivo, si prospettino soluzioni desiderate.

Estendendo questo augurio di Natale anche per il Nuovo Anno perché il tempo è la dimensione nella quale noi viviamo il nostro esistere e la nostra fede. Se questo tempo non è illuminato dalla fede, lo si vive confusamente. A ciascuno di voi, tale augurio in questa prospettiva, ed un grazie particolarissimo al dott. Testi (Amministratore Delegato MCT) che ha concesso oggi un’ora libera dal lavoro per permettere agli operai di partecipare alla Santa Messa. È la prima volta che ciò avviene. Auspichiamo che possa continuare anche in seguito perché trovarci insieme con tutte le componenti è veramente vivere insieme la “famiglia buona”, come mi piace chiamare la realtà del Porto. Parimenti a tutte le Autorità presenti auguro ogni bene nel Signore.

 

Alla fine della Santa Messa sarà distribuito il mio Messaggio alle famiglie: siete i primi a riceverlo, siate anche i primi a trarne qualche frutto

 

 

Allegati:

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