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17/Mag/17

Il Convegno ‘Cristiani-Musulmani: dimenticare il passato…Voltare pagina’

Nell’ambito dell’iniziativa ‘Chiesa Pellegrina’ voluta dal nostro Vescovo Mons. Francesco Milito per l’Istituto Superiore Teologico e Pastorale Diocesano, per permettere a quanti lo desiderano di approfondire tematiche attuali collegate ai vari ambiti della pastorale, si è svolto presso il Centro del laicato giovedì 11 maggio il Convegno ‘Cristiani-Musulmani: dimenticare il passato…Voltare pagina’ su iniziativa del Direttore dell’Istituto don Domenico Caruso, nonché Direttore dell’Ufficio Diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso e imperniato sulla Dichiarazione Conciliare ‘Nostra Aetate’ sulle relazioni della Chiesa con le religioni non-cristiane che al n. 2 esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione per promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la liberta.

A relazionare con grande sensibilità e professionalità don Giuseppe Silvestre della Diocesi di Catanzaro -Squillace, docente tra l’altro di ‘Dialogo ecumenico e Interreligioso’ presso l’Istituto Teologico S. Pio X di Catanzaro.

Don Domenico Caruso nell’introdurre i lavori ha sottolineato come il dialogo interreligioso debba essere inteso come ricerca reciproca anche se faticosa per una convivenza giusta e armoniosa. Le Sacre Scritture, ha proseguito don Mimmo, ci invitano ad essere ‘testimoni della verità’ gli uni verso gli altri.

Il relatore ha iniziato il proprio excursus a partire dall’azione di Giovanni XXIII che già nella Diocesi di Venezia aveva iniziato il dialogo ecumenico e interreligioso, riproponendo, divenuto papa, il suo pensiero nella Nostra Aetate che già nel primo numero con una pennellata profonda e significativa richiama irapporti tra il Cristianesimo e le altre religioni con una profondità di concetti molto elevati e toccanti mettendo in risalto quello che c’è di valido in esse.

Questo cammino di apertura di Giovanni XXIII è proseguito con la lungimiranza di Giovanni Paolo II che con l’incontro di Assisi del 1986 apre nuovi orizzonti nell’ambito del dialogo interreligioso ponendolo nel prosieguo del suo ministero sotto un’angolatura diversa, quella dell’evangelizzazione, affermando nella Redemptoris Missio del 1990 che il dialogo religioso non sopprime l’impegno della Chiesa nella missione ad gentes, anzi che il dialogo interreligioso é espressione essenziale dell’evangelizzazione: noi evangelizziamo dialogando con le religioni, proponendo i contenuti della nostra fede.

Giovanni Paolo II, peraltro, si era certamente ispirato a Paolo VI che nell’enciclica Ecclesiam suam aveva affermato che la Chiesa ha in se stessa una natura dialogica e per questo è chiamata a dialogare con le altre religioni.

Tale necessità si impone del resto ai nostri giorni, in cui non possiamo fare a meno di interfacciarci con i musulmani con i quali oggi viviamo gomito a gomito, specie considerando il flusso emigratorio e quindi la conoscenza, l’informazione reciproca sono indispensabili: per poter dare un giudizio sulle altre religioni è necessario conoscere la loro proposta religiosa.

Don Giuseppe ha poi evidenziato come la Nostra Aetatesviluppi due aspetti importanti, da un lato i punti convergenti con l’islam e dall’altro quelli divergenti. Tra i primi, la fede nell’unico Dio; l’unico capostipite tra le tre religioni monoteiste; la promozione della mutua comprensione, giustizia e pace (recentemente papa Francesco nella Laudato sii ha affermato che il rispetto del creato è una base comune di dialogo per tutte le religioni). Poi i cinque pilastri dell’Islam che hanno affinità con la nostra vita di credenti, trattandosi di cinque aspetti che richiamano a una dimensione penitenziale che dovrebbe essere caratteristica essenziale della vita cristiana, ricordandoci soprattutto che noi siamo creature, che dinanzi a Dio dobbiamo stare in adorazione e dare sempre una risposta coerente con la nostra fede.

Altri aspetti: quello cosmologico; la creazione è opera di Dio (e il relatore ha richiamato un passo del Corano che invita ad ammirare tutto il creato perché è opera di Dio);l’uomo concepito come rappresentante di Dio nella creazione, a cui chiede di essere custode del creato accordandogli la sua fiducia. Una diversità, molto importante, però nella relazione che esiste tra noi e Dio: il nostro con Dio è un rapporto di figliolanza, di intimità, grazie alla sua amorevole iniziativa mentre quello del musulmano con Dio è un rapporto di sottomissione (Islam=sottomissione).

Sul rapporto uomo, donna, famiglia il relatore ha evidenziato come secondo il Corano l’uomo e la donna siano uguali sottolineando però che la diversità dei ruoli porta ad una concezione della donna come inferiore all’uomo, soprattutto nei paesi che si ispirano alla Sharia.

Circa l’escatologia anche l’Islam crede in un giudizio particolare e un giudizio universale anzi il giudizio universale nella concezione islamica sarà Gesù ad annunciarlo; analogamente comune è la concezione dell’inferno, del paradiso, degli angeli e del diavolo.

Per proseguire sulla conoscenza di diversi altri punti della religione islamica don Giuseppe ha sottolineato come il peccato originale di Adamo ed Eva sia considerato dall’Islam come una colpa leggera come se i due progenitori si fossero comportati da ‘immemori’, come la creazione del primo uomo e della prima donna sia il momento che segna l’inizio dell’Islam perché è Dio che crea l’uomo e la donna come “muslim-musulmani” con un loro preciso compito, quello di ricordare a tutti gli uomini che anche loro sono o devono diventare “muslim”, insegnamento questo radice del fondamentalismo, perché la chiamata dell’uomo a essere musulmano diventa un obbligo.

Un ulteriore spunto di riflessione è stato il richiamo al libro sacro dei musulmani, il Corano che venne dato da Dio all’Arcangelo Gabriele e poi dettato dall’Arcangeloa Maometto, libro composto da 114 sure e il problema della sua interpretazione evidenziando come si sia affermata un’interpretazione letterale, la Sunna, molto restrittiva, che fa propendere per una risposta negativa circa la possibilità di un progresso nella teologia dell’Islam, perché secondo la Sunna nel Corano tutto ciò che doveva essere detto è stato detto. Il relatore ha accennato così alle correnti islamiche dei sunniti, la più numerosa, che si riconosce la validità della Sunna e si ritiene erede della giusta interpretazione del Corano, la Sciita, più aperta e la corrente degli ismaeliti.

Il relatore si è posta a questo punto la domanda: si può parlare di un islam moderato? Risposta difficile da dare considerato che i sunniti dicono che tutto è stato detto e gli altri sono impediti a dare interpretazioni diverse.

Nonostante ciò già il filosofo Avicenna nel nono secolo e alcune correnti del XVIII e del XIX secolo sentono il bisogno di interpretare la legge morale dell’Islam in maniera più moderata rispetto ad un’interpretazione di tipo veterotestamentaria, con la concezione di un Dio autoritario, vendicativo, fino alla recente interpretazione ancora fortemente spirituale, del sufismo.

Da qui alcune considerazioni fatte dal relatore sul fondamentalismo islamico perché quando pensiamo che la verità è tutta da una parte, discriminiamo gli altri. A tal proposito papa Francesco nella Evangelii gaudium ha affermato che non siamo noi a possedere la verità, ma che la verità ci possiede, e la verità è Cristo e nel dialogo interreligioso nella misura in cui andiamo verso Cristo e ci conformiamo a lui comprendiamo dove è la verità.

Altre considerazioni sono state fatte dal relatore sulla Jihad, spiegando che esiste la piccola Jihad intesa come invito ad aderire a questa religione, e la grande Jihad quando all’esortazione si aggiunge la violenza o verbale o fisica; e sulla Sharia, vale a dire la legge islamica considerata come sistema religioso ma inglobante perché comprende tutto, il culto, la vita sociale, la vita familiare, la vita civile, la dimensione giuridica e a cui si deve aspirare ogni azione umana. Già il Concilio Vaticano II aveva parlato dell’autonomia delle realtà create con sue precise regole in cui non ci deve essere un’intrusione della religione.

Avviandosi alla conclusione il relatore alla domanda se sia possibile un dialogo con l’Islam ha risposto che il dialogo è possibile, anzi necessario però senza tacere da parte cristiana sulle divergenze esistente anzi con una chiara condanna di queste. Giovanni Paolo II affermava che non dobbiamo rinunciare alla nostra identità e che dobbiamo proporre agli altri quello che siamo in un confronto sereno. Papa Francesco, del resto, ha sempre condannato con fermezza il terrorismo definendo le azioni terroristiche atti che offendono la dignità umana, che degradano ogni essere umano, e che non possono essere perpetrati in nome di Dio. «Che Dio sarebbe – si è domandato il relatore – un Dio invasivo, totalizzante, che non riconoscerebbe l’alterità dell’uomo e l’autonomia delle cose create?, che inciterebbe alla violenza e fomenterebbe la discriminazione?. Questi estremismi li dobbiamo condannare». La nostra Aetate quando parla della convergenza tra le due religioni la indica come una piattaforme comune nella ricerca della giustizia, della pace e dei diritti umani, base comune su sui continuare a dialogare. Benedetto XVI nell’esortazione apostolica Verbum Domini afferma che il dialogo con l’Islam permette di conoscerci meglio e di collaborare nella promozione dei valori etici e spirituali: la reciprocità, la libertà di coscienza e di religione. All’interno del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso è stato creato un forum di amicizia tra cristiani e musulmani e in un recente Convegno a Roma è stata preparata una dichiarazione comune in cui vengono sottolineati i valori condivisi ma anche le diversità esistenti. 

Il relatore ha poi ricordato quanto affermato da Vannino Chiti, Vice presidente del Senato dal 2008 al 2013 che ha scritto due libri sulla religione e la politica descrivendo i diversi mondi dell’Islam, per cui sarebbe un errore identificare le minoranze fondamentaliste e terroristiche con tutto l’Islam ma affermando chebisogna perseguire quell’islam minoritario che usa la religione come ideologia politica in contrapposizione all’Occidente, ai processi di modernizzazione e di democrazia che investono la società islamica. Sull’islam europeo, considerato che in Europa siamo alla terza generazione di islamici presenti, si sente il bisogno di un confronto con la cultura europea e l’apertura ai valori democratici.

Un ultimo accento fatto dal relatore alla Lectio magistralis tenuta da papa Benedetto XVI presso l’Università di Ratisbona nel 2008 in cui riportava le conclusioni di una famosa disputa ai tempi dell’imperatore Manuele II Paleogolo in cui si affermava che è impossibile credere in un Dio che vuole la violenza. In quell’occasione ci fu un’alzata di scudi contro il Papa, ma alcune settimane dopo ben 138 autorità del mondo islamico firmarono una lettere aperta e un appello in favore di Benedetto XVI, difendendolo dall’accusa di aver voluto offendere la religione musulmana. In questo clima il lavoro della Chiesa è quello che sta facendo papa Francesco il quale nel suo recente viaggio in Egitto ha invitato i capi della religioni a dissociarsi dagli autori delle violenze per perseguire la via della giustizia e punire i colpevoli del sangueinnocente, presupposti questi perché il dialogo interreligioso cresca sempre di più e possa avvenire in una maniera serena.

Alla fine numerosi sono stati gli interventi e le sollecitazioni dei presenti considerata l’ampiezza dei temi trattati e la problematici degli aspetti evidenziati ma a tutti il relatore ha dato la sua risposta convincente invitando i presenti a mettere da parte i pregiudizi e a cercare di instaurare con i musulmani un dialogo aperto e sincero per conoscerci meglio e cercare di costruire insieme un mondo migliore.

Don Mimmo, dopo aver ringraziato mons. Milito per l’opportunità data all’ISTEP nel cammino della formazione per una nuova evangelizzazione a largo raggio, don Silvestre per la puntualità, la dottrina e la semplicità con cui ci ha intrattenuto, ha concluso l’assise rammentando a tutti che, nonostante da più parti si senta dire che il DIALOGO INTERRELIGIOSO non serva a nulla, che è solo perdita di tempo, queste espressioni fanno soffrire specialmente chi da sempre si occupa di tali problematiche e rammentando la necessità di creare amicizia con quanti professano altre religioni, senza pensare a proselitismi di alcun genere, evitare di puntare il dito e creare ponti perché la nostra società, nel rispetto delle singole tradizioni e culture, si possano trovare insieme su temi che riguardano il vivere civile e sociale…l’importante è cominciare…guardando avanti! Mai fermarsi.

Diacono Cecè Caruso


Allegati:

Apertura Causa Beatificazione di P. Ludovico Polat

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