Presso il Centro Presenza sul Monte S. Elia si sono ritrovati in questi giorni i seminaristi provenienti dai Seminari di Catanzaro, Reggio Calabria, Cosenza e Fuscaldo insieme ai loro Superiori per riflettere su un argomento che in un tempo recente è stato oggetto della riflessione dei Vescovi Calabresi, la pietà popolare e la nuova evangelizzazione.
Momento centrale la S. Messa concelebrata presso la Basilica Madonna dei Poveri in Seminara e presieduta dal nostro Vescovo Mons. Francesco Milito.
Nell’omelia traendo spunto dalle letture del giorno il Vescovo si è innanzitutto riferito alla prima lettura tratta dagli Atti degli Apostoli da lui definiti ‘Atti della geografia dello Spirito Santo’ attraverso cui il Vangelo è stato diffuso dando luce alla vita della Chiesa e nella prima parte ha evidenziato come il dipanarsi dell’azione dello Spirito Santo nella Chiesa nei primi tempi sia avvenuto nonostante diatribe che hanno portato, ad esempio, Paolo e Barnaba a collidere sulle scelte da fare e a dividersi recandosi ad evangelizzare posti diversi. Ma fare scelte diverse non significa essere divisi. Quando nella chiesa ci sono divisioni interne che sono frutto delle divisioni interiori è segno che lo Spirito non è ascoltato allo stesso modo, essendo lo Spirito dell’unità e della pace. «Nella Chiesa di Calabria – ha sottolineato il Vescovo – dovremmo cercare di cogliere lo Spirito forte che dall’alto in noi agisce per l’evangelizzazione mettendo da parte i nostri vangeli e portare avanti il Vangelo del Signore perché la diversità diventa ricchezza quando è convertente verso lo stesso fine».
Il Vescovo ha proseguito riferendosi al tema della pietà popolare, oggetto della discussione dei convenuti e definito dal Presule un punto nodale.
Partendo dalla considerazione che in Calabria c’è stata sempre molta religiosità ma che la stessa necessità di una purificazione il Vescovo si è domandato: «Ma la fede, il Vangelo, hanno permeato, hanno cambiato la Calabria? Probabilmente no». «Molta religiosità – ha risposto il Vescovo – ma poca fede e questo spiega perché in Calabria ci sono delle fratture fra fede e vangelo che passando attraverso la religiosità popolare ne impediscono il necessario matrimonio».
C’è da chiedersi perché la Chiesa non sia riuscita non tanto a scardinare il male, ma a non impedire che ci siano forme così pervasive e invasive che fanno sì che questa regione sia una delle più belle del mondo ma anche la regione a più alta densità mafiosa.
Si è domandato il Vescovo: «Cosa non ha funzionato a livello di vangelo ed evangelizzazione? Cosa dipende da noi perché si riesca a trovare una via alternativa?». «Se le nostre Chiese – ha proseguito il Vescovo – non brilleranno di santità vera, cioè di adesione allo Spirito, siamo sicuri in avanti che avremo enciclopedie di cronache nere, di faide, di tristi vendette e violenze» e rivolgendosi ai presbiteri presenti: «Se soprattutto noi presbiteri, nonostante i nostri limiti, sapremo essere poco più santi di quanto lo siamo e sapremo sposare la causa del Vangelo, questa Calabria potrà guardare in avanti con maggiore fiducia, sperando che il male non abbia il sopravvento e non impedisca di vedere lo splendore del cielo azzurro, nonostante le nuvole che sempre ci saranno, di questa regione».
Lo scarto tra fede e religiosità. Siamo capaci di andare incontro a questa sfida? Il messaggio degli Atti degli apostoli che dice la diversità dell’evangelizzazione ma che nonostante ciò lo Spirito agisce e le Chiese crescono, ha un suo riflesso nelle parole di Gesù: «Guai a voi se pensate di stare sulla cresta dell’onda senza avere problemi dal mondo»… «se hanno odiato me, odieranno anche voi». «Diciamoci la verità – si è chiesto il Vescovo – siamo sicuri che non deve essere, usando un termine dialettale, l’annacamento il nostro stile quotidiano? Se questo è uno stile che dentro nasconde una mentalità siamo certi che di conseguenza c’è un secondo pericolo: quello di tradire il Vangelo”. Il Vescovo ha evidenziato certamente le difficoltà che sia un giovane prete sia un sacerdote maturo negli anni hanno ad essere profeti dinanzi al male personificato, richiamando la risposta di don Abbondio al Cardinale Federico che nessuno può darsi coraggio da solo ma d’altro canto avendo presente la risposta del Cardinale a don Abbondio: “Non sapevi, quando sei diventato uomo di Cristo che a questo eri stato chiamato?». «I don Rodrigo d’un tempo – ha sottolineato il Vescovo – ci saranno sempre, ma il sacerdote pastore, seguace del Signore, guarda sempre avanti sapendo che il Signore è dalla parte sua».
Ha quindi chiesto il Vescovo ai presenti: «Ma noi, voi, vi state educando alla sincerità del cuore e dei comportamenti dinanzi a Dio, fondamento questo per capire voi che pastori sarete e noi che educatori siamo nei vostri confronti? Il calabrese si dice che è un tipo dalla testa dura, schietto, ma meglio dire persone vere, autentiche, con il volto illuminato dal Signore e là dove siamo chiamati a vivere questo con scelte molto forti, là gli Atti di noi apostoli continuano a scriversi sotto la luce dello Spirito, ricordando che noi siamo stati scelti da uno che ha testimoniato, ha pregato, continua a sostenere la Chiesa». Pensare che ci sia un ministero senza difficolta o senza disturbi significa domandarsi quale Gesù Cristo hai scelto, che maturità stai portando avanti quando sai che la sequela esige un sì a Dio che deve essere incondizionato e su questo punto noi mettiamo molte riserve diventando bugiardi dinanzi alla Chiesa e allo Spirito quando dovremmo essere come Maria, con la sua stessa fede.
«Avere la stessa fede di Maria – ha sostenuto il Vescovo – in questo luogo emblematico, l’unico paese della Diocesi in cui c’è una basilica, una reggia della Madonna, la Madonna dei Poveri, la cui icona oggi risplende come nell’originale di sei, sette secoli fa e questo ci dice che nel corso dei secoli come una statua può perdere lo splendore iniziale ma se viene restaurata risplende come prima, così siamo chiamati a fare anche noi, senza addurre di essere condizionati da problemi familiari, sociali, culturali, ecclesiali, politici, perché tanto più togliamo da noi quello che è posticcio, tanto più ritorna lo splendore iniziale, delle origini».
«Carissimi, cerchiamo di ispirare la nostra vita, la nostra fede al Vangelo – ha proseguito il Vescovo – ed impariamo dalla prassi della Chiesa il realismo, avendo presente un principio evidenziato dalla prima lettura: non dare noi indicazioni allo Spirito, ma dallo Spirito sapere quello che egli vuole, cercando di apprendere dagli eventi e dalla storia come il Signore ci conduce ed essere obbedienti perché lo Spirito apre dove tu non vorresti e non penseresti ma la Chiesa è sua».
Un’ultima considerazione del Presule, quella che da soli non possiamo fare niente e che a livello ecclesiale l’amicizia e la fraternità apostolica siano necessarie: sono gli atti del Apostoli, sono gli Apostoli che insieme in ogni tempo vanno avanti nel Vangelo e in questo c’è un grande insegnamento: attenzione allo Spirito per quanto ci dice, attenzione al buon senso che permette allo Spirito di agire.
L’ultimo invito del Vescovo di pregare tutti durante la messa, il Vescovo, l’equipe educativa, i Rettori, i Direttori spirituali, i Vice Rettori, perché questa Calabria possiamo renderla a Dio come Lui ce l’ha data, e questo sarà possibile se sapremo seguire secondo lo Spirito le piste che ci traccia, quelle della nuova evangelizzazione, del passaggio dalla religiosità alla fede, dalle nostre mentalità molte comode all’apertura che il Signore ci indica.
«Il Vangelo andrà avanti – ha concluso il Vescovo – e sarà veramente una buona notizia, una buona novella di cui abbiamo bisogno sempre, non meno che in questa terra».
Cecè Caruso