Orgoglioso di essere stato definito simpaticamente dalla Reni come il “Mandante” di questo progetto, «perché gli “esecutori materiali” hanno poi portato a dei magnifici frutti spirituali», si è detto il Vescovo della Diocesi di Oppido – Palmi, Mons. Francesco Milito, prima di parlare di Dio come invalicabile operatore dell’amore, che attende e perdona i propri figli. «Sogno le carceri vuote – ha sottolineato il Vescovo – perché una volta che si saranno conquistati i cuori non ve ne sarà più bisogno».
I risultati del progetto sono stati presentati nella giornata di ieri, 19 Luglio, presso la sala teatrale del penitenziario “Filippo Salsone” di Palmi, dove insieme alla promotrice Marcella Clara Reni ed al Vescovo Milito erano presenti anche le autorità civili e politiche del territorio. Il progetto prende il nome di Sicomoro dall’albero sul quale, nel diciannovesimo capitolo del vangelo di Luca, Zaccheo si arrampica per poter vedere Gesù, il quale, alzando lo sguardo, gli dice: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. In fretta Zaccheo scende e lo accoglie pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormorano: “E’ andato ad alloggiare da un peccatore!”. Ma Zaccheo, alzatosi, dice al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Gesù gli risponde: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. Da questo passo, che illustra la redenzione di Zaccheo, il progetto per la redenzione dei detenuti attraverso l’incontro con le vittime della criminalità.
Ciò che ne è nato è stato un coinvolgimento assoluto dei partecipanti, che hanno raccontato le loro storie e palesato i propri pesi interiori, rendendoli piccoli frammenti di dolore da condividere, più facili da sopportare in un contesto di piena empatia e comprensione reciproca. «Sono contento – ha spiegato Mons. Milito – perché questo progetto ispirato dall’alto ha lentamente raggiunto tanti cuori. Abbiamo assistito ai miracoli che lo Spirito Santo può fare se accolto nel profondo. Nessuna meraviglia che possano esserci ancora altre maturazioni ed altri risvolti positivi. Mi auguro che questo progetto possa continuare e portare a nuovi frutti, che ogni individuo possa custodire dentro di sé per una sua redenzione e per un aiuto al prossimo».
Un progetto dagli innumerevoli risvolti positivi dunque, guidato ed ispirato, a Palmi come in altri territori, dallo Spirito Santo. «Questo progetto – ha dichiarato Marcella Clara Reni – assume un significato ancora più grande nel nostro territorio, che ha tanto bisogno di redenzione, e sono contenta che si sia riusciti a realizzarlo anche qui. Se 7 pazienti su 10 morissero nei nostri ospedali tutti insorgeremmo, ma nessuno fa caso al fatto che 7 persone su 10 tornino a delinquere dopo la scarcerazione, e questa è la media nazionale: c’è dunque molto da fare da questo punto di vista, a partire dall’educazione nelle scuole, e speriamo che questo possa essere un punto di partenza e non di arrivo».
Plauso all’iniziativa anche dal sindaco Giuseppe Ranuccio, che in apertura ha salutato i presenti parlando dei risvolti sociali e giuridici di un progetto come quello messo in atto nella Casa circondariale di Palmi, perché «a tutti deve essere data la possibilità di redimersi». Parola poi passata a Romolo Vani, Direttore del penitenziario: «Siamo arrivati qui dopo una gestazione lunghissima – ha detto – perché i tempi non erano ancora maturi. Non so di preciso cosa sia cambiato da allora, ma mettere in atto questa iniziativa ha portato a dei risultati che mi inorgogliscono come singolo e come Direttore. Fa riflettere il fatto che oggi ci ritroviamo nella ricorrenza della strage di via D’Amelio, in cui morì, insieme agli uomini della sua scorta, Paolo Borsellino, uno dei personaggi che gettò le basi per la lotta alla criminalità organizzata, che oggi ci porta anche qui».
Spazio poi ai partecipanti del progetto, vittime e colpevoli, che hanno raccontato le loro storie ed il loro percorso nel progetto Sicomoro, coinvolgendo fino alla sincera commozione tutti i presenti, tra questi Graziano con il brano letto: «La Madonna, con il Bambino Gesù fra le braccia, aveva deciso di scendere in Terra per visitare un monastero. Orgogliosi, tutti i monaci si misero in una lunga fila, presentandosi ciascuno davanti alla Vergine per renderle omaggio. […] All’ultimo posto della fila ne rimase uno, il monaco più umile del convento. […] Pieno di vergogna, sentendosi oggetto degli sguardi di riprovazione dei confratelli, tirò fuori dalla tasca alcune arance e cominciò a farle volteggiare: perché era l’unica cosa che egli sapesse fare. Fu solo in quell’istante che Gesù Bambino sorrise e cominciò a battere le mani in braccio alla Madonna. E fu verso quel monaco che la Vergine tese le braccia, lasciandogli tenere per un po’ il bambinello».
Vincenzo ha poi parlato del suo calvario familiare, e a conclusione del suo intervento ha affermato: «Gesù è grande e ripara tutto». Alex ha finalmente realizzato il male che si genera commettendo un illecito, ma è stata la faccia e la testimonianza di Sonia, una delle vittime partecipanti al progetto, a fargli ritrovare la via. Giusy, anche lei tra i familiari di vittime, ha avuto lenito il suo dolore, con ognuno dei presenti che ne ha preso in carico un pezzetto «Un primo passo è stato fatto» ha spiegato. Per Umberto, l’anima è l’ultimo baluardo umano di resistenza contro il male. Un progetto bellissimo secondo Nicola, che abbatte i muri tra due mondi sconosciuti.
Elvira, che è stata un po’ la mamma per tutto il gruppo, ha menzionato le parole di Papa Francesco, da lei prese in custodia e che le sono state di grande aiuto oltre all’aiuto del Signore.
Una iniziativa straordinaria dunque, che è riuscita ad abbattere quel tremendo muro che separa, come una barriera invalicabile, le vittime dai colpevoli. Si esce arricchiti dall’incontro, abili a non fermarsi al ragionamento “per categorie” andando oltre le etichette, riacquistando la capacità di guardare alla dignità di uomini. Le loro testimonianze, più di qualunque altro intervento, hanno realmente trasmesso il messaggio di quanto progetti come questo possano essere importanti per la nostra società civile, ricordando che “Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” [Lc 15,7].
Ferdinando Panucci