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31/Dic/17

Seminario di studio presso l’Istep su ‘Coralità e Vocalità: dalla voce-persona alla voce-coro’

Si è concluso venerdì 29 dicembre il Seminario ‘Vocalità e Coralità: dalla voce – persona alla voce – coro’ guidato da Marina Mungai, direttore di coro, didatta e musicoterapista romana da esperta nella metodologia della Voce-Persona, ideata negli anni ’80 da Padre Giovanni Maria Rossi, musicoterapista, organista e compositore, del quale la Mungai è stata allieva.

Il Seminario è stato organizzato dall’Istituto Superiore Teologico – Pastorale ‘San Giovanni XXIII’ con la collaborazione della Scuola diocesana di Musica per la Liturgia, diretta dal M° don Domenico Lando, direttore del coro della diocesi di Oppido Mamertina – Palmi, a Gioia Tauro. La tre giorni dedicata ai cantori, coristi, direttori di coro, ha dato la possibilità a più di trenta persone provenienti da tutta la diocesi, di sperimentare il canto come espressione di sé insieme agli altri, attraverso un approccio di tipo laboratoriale che ha visto momenti di esercizi ed esempi legati agli argomenti che sono stati trattati teoricamente e praticamente.

«Noi non vediamo la voce», ha spiegato la docente Mungai  durante il primo giorno del seminario, «essa è parte di noi con un’accezione di tipo emotivo fortissimo. É, infatti, espressione propria della nostra personalità ed è mutevole a seconda della nostra età e maturità, del nostro umore, della nostra salute». «La ricerca sulla voce – ha continuato il maestro – centrata più sulla persona intesa come strumento- canto, ci porta a fare un passo indietro. Prima di cantare occorre capire dove abbiamo questo strumento, e uno dei grandi rischi del direttore del coro è usare il coro come se fosse una tastiera. Il coro, invece, si costruisce, e  cresce nella crescita dei propri membri, e il direttore deve avere tante competenze e tanta sensibilità per capire quali sono gli umori dei coristi, proprio perché le persone non sono tasti». «Lo strumento misterioso e personale della voce si trova dentro la custodia del nostro corpo e che, attraverso una buona guida, ogni cantore diviene insegnante di se stesso, nella misura in cui conosce e riconosce i meccanismi che si attivano quando si canta».

Detto questo, abbiamo iniziato a giocare con la nostra voce. Abbiamo così cominciato a camminare sciolti, in una delle sale dell’Istep, per sentire la nostra voce-persona. Da seduti, con gli occhi chiusi, abbiamo acceso una ‘telecamera’ all’interno del nostro corpo, cullati da un sottofondo musicale: abbiamo percepito il calore, il peso, la consistenza delle nostre mani e degli appoggi del corpo, e così via… abbiamo sfiorato la voce della nostra anima, i nostri desideri: è stato un esercizio di psicologia del corpo e di educazione musicale, che ha liberato la nostre menti dalle cose ingombranti. Dopo aver rilassato il corpo, abbiamo indagato su dove si trovi il motore della nostra voce, dove si trovi la nostra casa – voce, e come possiamo attingere ad essa, a partire da una buona respirazione (che ci è stata indicata con l’esempio di una cannuccia) e con le immagini delle ali e degli abbracci. «Lo strumento voce – ha poi ancora detto la Mungai – funziona nella misura in cui io riesco a riconoscere cosa sta succedendo mentre respiro e canto; ognuno diventa l’insegnante di se stesso – ha ribadito -. Fino a quando non percepiamo e governiamo alcune sensazioni che sono legate al benessere del nostro corpo, non possiamo imboccare la strada giusta per cantare. Ci rimarrà qualcosa d’incompreso».

Il penultimo giorno, ci siamo spostati nella nuova chiesa dedicata a San Gaetano Catanoso, dove i nostri suoni naturali si sono propagati all’interno dell’altissima struttura. Solamente usando le note ‘do re mi fa sol’, costruendo uno spartito dentro di noi, abbiamo ascoltato gli armonici delle nostre voci e costruito una cattedrale di suono…Non solo, durante il Seminario abbiamo trovato il ritmo in Makumanà e Hallo Django, abbiamo gustato la bellezza nei canoni Gaudeamus hodie e Pachelbel, impostato l’armonia in Song of farewell, Step harmony,  Evening rise e in Et incanatus est di Stephan Nicolay. Abbiamo sentito le tracce delle nostre voci in Adoro Te devote e nell’ Ave Verum di Silvio Catalini. Infine, abbiamo compreso che la musica è incanto, con il brano di Lorenzo Donati, scritto per una corista romana scomparsa prematuramente: «le voci delle persone che amiamo non vanno mai perse, sono suoni, tornano ad echeggiare e si rinnovano in un perpetuo canto…la musica ci ha unito e in essa continueremo a incontrarci». La stessa cosa è successa a noi partecipanti: la musica ci ha unito in questa tre giorni ed in essa continueremo ad incontrarci.

Il maestro Mungai, ci ha lasciato un grande messaggio: «la musica deve parlare d’Amore. Non importa il numero dei coristi, ma la qualità, la passione e la responsabilità di essi. Noi direttori per primi dobbiamo servire la musica». Ci siamo divertiti, apprendendo, e ognuno di noi ha portato a casa qualcosa di utile che non andrà più via, scoprendo che dentro la nostra interiorità e spiritualità abita qualcosa di meraviglioso, che dobbiamo imparare a tirare fuori, condividendo con gli altri e studiando correttamente la musica.

Kety Galati


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