Si è svolto martedì 16 c.m. nei nuovi locali della parrocchia San Gaetano Catanoso in Gioia Tauro l’incontro di formazione mensile dei diaconi permanenti e degli aspiranti al diaconato. A guidarlo, dopo che ormai tutti i Diaconi della Diocesi hanno ricevuto la loro missio canonica, è stato il Cancelliere della Diocesi don Mimmo Caruso sulla tematica scelta per quest’anno dei “diritti e obblighi” dei chierici, specificamente del Diacono nel Codice di Diritto canonico. Don Giovanni Battista Tillieci, Delegato Vescovile per il diaconato permanente e per i ministeri istituiti ha ritenuto, infatti, che don Mimmo, in qualità di Dott. in Diritto canonico, fosse la persona più indicata per trattare tale argomento.
Don Mimmo iniziando il suo excursus ha per prima cosa affermato che quando si parla di diaconi non si deve parlare di cosa fa un diacono ma bisogna porsi la domanda: chi è il diacono? Perché il diacono in questo momento storico? E che quindi prima del quadro normativa è indispensabile dar ragione della situazione attuale del diaconato permanente, in considerazione del fatto che in ogni caso il Codice di Diritto Canonico è sempre impregnato di ecclesiologia.
In secondo luogo il sacerdote ha criticato la visione dicotomica del diaconato, diaconi in vista del presbiterato, diaconi permanenti, auspicandosi che emerga l’unicità del diaconato e soprattutto la sua identità sacramentale.
Al di là di una visione riduttiva del ministero del diaconato che lo individua quasi come un bene-rifugio che va sfruttato per varie necessità, don Mimmo ha indicato nell’ essere il diacono collaboratore del Vescovo e del presbiterio nei vari campi, e quindi collaboratore nell’ambito della gerarchia ecclesiastica, come lo definisce il Direttorio per i Vescovi emanato il 22 febbraio 1973, dal titolo Ecclesiae Imago e pertanto nel sapere ciò a cui i diaconi sono chiamati e ad esercitare il diaconato in maniera conforme a tale chiamata, l’aspetto qualificante di questo ministero.
Dopo aver accennato al problema aperto dell’indagine esegetica sul diaconato di Atti 6,1-6, e dopo aver richiamato due documenti di Paolo VI, la lettera Apostolica Sacrum diaconatus ordinem del 1967 in cui vengono impartite norme per il ristabilimento del diaconato permanete nella Chiesa latina e il motu proprio Ad pascendum del 1972 che richiama l’epistola ai Filippesi (Fil 1,1), in cui San Paolo rivolge il suo saluto non solo ai vescovi, ma anche ai diaconi, e la lettera indirizzata a Timoteo (1 Tm 3, 8-13) in cui l’Apostolo illustra le qualità e le virtù che sono indispensabili ai diaconi perché possano mantenersi all’altezza del ministero loro affidato, don Mimmo ha posto l’accento sui contenuti teologi del Diaconato approfondendo Lumen Gentium 29 laddove il Concilio Ecumenico Vaticano II, dopo essersi occupato dei Vescovi e dei sacerdoti, espresse l’elogio anche del terzo grado dell’ordine sacro, mettendone in luce la dignità ed enumerandone le funzioni. Don Mimmo ha sottolineato come a partire dall’affermazione della Lumen Gentium che “in un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani «non per il sacerdozio, ma per il servizio» emergano alcune indicazioni per comprendere l’identità di tale ministero, vale a dire: la preoccupazione di un’organizzazione gerarchica, l’abilitazione ministeriale del diacono con l’indicazione del campo ministeriale di competenza, da svolgere sempre sotto il vincolo della comunione con il Vescovo e il suo presbiterio, e infine l’indicazione che ogni diacono è ordinato dal Vescovo per la sua Chiesa particolare”. Don Mimmo richiamando a questo punto Lumen Gentium 41 sulla universale vocazione alla santità nella Chiesa, ha esortato i diaconi a seguire Cristo umile, povero e carico della Croce e ad avanzare per la via della fede viva “la quale accende la speranza e opera per messo della carità”.
Un ultimo accenno al canone 145 del Codice di Diritto Canonico ricordando che l’ufficio ecclesiastico è qualunque incarico, costituito stabilmente per disposizione sia divina sia ecclesiastica, da esercitarsi per un fine spirituale, e tra questi il bene che possono fare i diaconi più dei sacerdoti, per essere costantemente a contatto con la realtà sociale e perché essendo sposati possono raggiungere situazioni che i sacerdoti non potrebbero mai raggiungere.
Proponendosi di ritornare sui temi trattati nei prossimi incontri, don Caruso ha invitato i diaconi a svolgere il loro ministero con fortezza, fermezza e fiducia, in ciò sorretti dalla particolare attenzione che il nostro Vescovo ha verso di loro e dalla cura particolare verso tale ministero del Delegato Vescovile, don Giovanni Battista Tillieci, il quale concludendo l’incontro ha esortato i diaconi a riappropriarsi della loro identità, soprattutto nell’ambito della carità, che è il campo di attività specifico e precipuo dell’esercizio del ministero diaconale.
Cecè Caruso