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07/Mag/18

La Famiglia di Nazareth immagine della famiglia cristiana

Si è svolto a Gambarie dal 5 al 6 maggio, il weekend di spiritualità per le famiglie della Diocesi, organizzato dall’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Famiglia. L’Equipe Diocesana, formata da 5 famiglie, Antonuccio – Tropeano, Macrì – Casella, Politi – Siciliano, Russo – Manno, Vomera – Sorbara, ha accolto le altre famiglie, provenienti dai seguenti paesi: San Giorgio Morgeto, Cittanova, Delianuova, Molochio, Gioia Tauro, Rosarno, San Martino, Cinquefrondi, Seminara, Rizziconi, Feroleto della Chiesa e Plaesano. Il Direttore, Don Antonello Messina, ha introdotto i lavori, salutando i presenti e il relatore don Rocco Scaturchio, Rettore del Seminario San Pio X di Catanzaro, che ha animato, con due relazioni ricche e profonde il weekend sul tema: La Famiglia di Nazareth modello per la Famiglia cristiana. Il relatore si è ispirato al testo dell'”Annunciazione” (Mt. 1, 1-25), per meditare, nella prima relazione, sul Bonum Coniugum. Così partendo dalla genealogia di Gesù, Don Rocco, ha spiegato, come il primo scopo del matrimonio, è la fecondità, che non è da confondere con la generatività. Giuseppe è il promesso sposo di Maria, e anche se quest’ultima è incinta, non la ripudia perché l’Angelo gli appare in sogno e lo avverte che il bambino viene dallo Spirito Santo (Mt. 1, 16-25). Il relatore, rimarca in modo approfondito la grandezza di Giuseppe, di essersi assunto la responsabilità di accogliere Maria come sua sposa, e con lei formare una famiglia “normale” e crescere Gesù, il Figlio di Dio, con la figura paterna concreta terrena. In quest’unione il dono della vita avviene con la componente fondamentale del trascendente. Maria e Giuseppe sono sposi, ma non nella maniera naturale, proprio perché fin dall’Incarnazione si comprenda che pur essendo realmente sposi fra loro, insieme costituiscono il primissimo nucleo della Chiesa sposa. In questa nuzialità emerge la distinzione primordiale di fecondità e fertilità. Così don Rocco, commenta, che è padre e madre non chi genera, ma chi cresce. La fecondità è una tale ricchezza che può esserci oltre che nella famiglia, fra due amici, nella comunità, ecc… La fertilità è solo per Maria e tale fertilità è un dono di Dio. Così Maria ha ricevuto tutto da Dio, mentre Giuseppe deve conquistarsi tutto attraverso il riflesso di Maria che ne è lo specchio.  Si avvia il mistero di Cristo sposo con la Chiesa sposa.  Dalla parzialità della vicenda umana ci si orienta alla pienezza dello Sposo che è Cristo. La realizzazione di questa nuzialità, che costituisce il tempo della Nuova Alleanza, emerge nel brano di Geremia 33, 31-34. La Croce, dunque, sarà la piena rivelazione di quanto Cristo «abbia amato la Chiesa [sua sposa] e abbia dato se stessa per lei..al fine di farsi comparire davanti la sa Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata» (Ef. 5,25-27). Il rapporto sponsale con Cristo, riguarda la Chiesa che siamo tutti noi.

Nella seconda relazione don Scaturchio ha parlato del Bonum familiae. Il relatore ha specificato a riguardo, che questo aspetto non è ancora entrato nella legislazione e gli studi a riguardo sono iniziati grazie anche a una tesi dottorale in utroque di Simone Renna, La rilevanza giuridica da attribuire al “Bonum Familiae” nella disciplina del matrimonio canonico. Nel Vangelo tale aspetto emerge nel brano di Lc 2, 41-52, che tratta: “Lo smarrimento e il ritrovamento di Gesù fra i Dottori del tempio”. In questo episodio, Luca ci presenta la famiglia al completo, incorniciata nel giorno della maggiore età di Gesù, dal punto di vista religioso ( si tratta precisamente del Bar mizvah), rituale ebraico. La “scappatella” di Gesù, non è un rendersi autonomo dai genitori, ma è il Suo riconoscimento come Maestro per tutti, nella luce della Pasqua. Il pellegrinaggio infatti avviene a Pasqua (quella ebraica) ed è un’anticipazione della Pasqua che sarà di Gesù (dopo tre giorni lo trovarono nel tempio). L’atteggiamento di Maria esprime lo sviluppo della fede di una persona che cresce e progredisce nell’intelligenza del mistero. Gesù rivela che l’obbedienza a Dio è la condizione essenziale per realizzarsi nella vita, per un cammino di condivisione nella famiglia e nelle comunità. L’obbedienza al Padre è ciò che ci rende fratelli e sorelle, c’insegna a obbedirci l’un l’altro, ad ascoltarci l’un l’altro e a riconoscere l’uno nell’altro il progetto di Dio. Dopo la “scappatella” Gesù torna a Nazareth e rimane sottomesso, nel nascondimento, in una semplice vita familiare, al padre e alla madre, che serbava tutte queste cose nel suo cuore, meditandole. Don Rocco mette poi in relazione i tre giorni che intercorrono prima che Maria e Giuseppe ritrovano Gesù con un episodio che avverrà vent’anni dopo: “Tre giorni dopo ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù…..” sarà proprio Maria, sua madre, a spingerlo a mostrarsi invitandolo a compiere il miracolo dell’acqua che si tramuta in vino. Maria comprenderà questo mistero che diventerà per lei il fuoco della fede, solo quando sarà sotto la croce e con la grazia dello Spirito Santo, nel giorno di Pentecoste.

Infine don Rocco Scaturchio ha ribadito che la famiglia di Nazareth ci ricorda cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro ed inviolabile, l’educazione dolce e insostituibile dell’educazione in famiglia e c’insegna la sua funzione naturale dell’ordine sociale. Il relatore ha concluso dicendo che l’amore umano si forma alla scuola dell’amore divino. Il weekend di spiritualità si è concluso con una sentita Celebrazione Eucaristica e con l’auspicio di tutti i partecipanti a continuare, la formazione iniziata, con altre esperienze analoghe, forti e significative, per approfondire la “Bellezza e la Ricchezza” dei contenuti della Scrittura sulla Famiglia. 

                                                                                              Carmen Maria Manno

 


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