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30/Set/19

L’Assemblea Diocesana «Missionari nella Chiesa e nella Città a partire dall’Evangelii Gaudium»

Nell’Auditorium Diocesano “Famiglia di Nazareth” di Rizziconi, in un salone gremitissimo alla presenza di numerosi sacerdoti, diaconi, seminaristi, religiose e fedeli provenienti dalla totalità delle Parrocchie della Diocesi, nel pomeriggio di giovedì 26 settembre sono iniziati i lavori dell’Assemblea Diocesana per l’inizio dell’Anno Pastorale 2019-2020 “Missionari nella Chiesa e nella Citta a partire dalla Evangelii Gaudium”.

La preghiera iniziale con la solenne intronizzazione della Parola ha inteso affidare allo Spirito Santo la buona riuscita del Convegno che dovrà appunto fornire le coordinate per il nuovo anno pastorale all’insegna della missionarietà e di una Chiesa in uscita.

Dopo il saluto iniziale del Vicario Generale don Giuseppe Varrà, S.E. Mons. Francesco Milito Vescovo della Diocesi ha aperto i lavori con l’Introduzione “Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo questa terra” espressione contenuta nella Evangelii Gaudium 273.

Un primo riferimento al mese di settembre che per consuetudine è la porta d’ingresso al nuovo anno pastorale, e che costituisce un passaggio dalla stagione dei frutti – l’estate – a quella della semina nel silenzio fecondo della terra, importante perché “Ciò che semineremo in queste giornate – ha affermato il Vescovo – raccoglieremo nei prossimi mesi”.

Per questo, due avvertimenti che ci servono: renderci da subito terreno buono perché la semente caduta produca il cento, il sessanta, il trenta per uno (cfr. Mt 13,8); offrirci ed essere seminatori della parola in prospettiva decisamente missionaria. “Inseminati dal Verbo – ha detto il Vescovo – siamo chiamati a diventare seminatori” e per questo, “geneticamente e nativamente missionari dal grembo trinitario”.

Richiamando il passaggio della Evangelii Gaudium sopra citato il Vescovo ha sottolineato che questo identikit, al cuore dell’ultima sezione dell’Evangelii Gaudium (Capitolo quinto, Evangelizzatori con spirito, I. Motivazioni per un rinnovato impegno missionario, Il piacere di essere popolo, 273) ha connotati e contrassegni salienti: «Bisogna riconoscere se stessi come marchiati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire e liberare» e «Proprio questa coscienza identitaria missionaria vorremmo riprendere o cominciare a sviluppare in questi giorni».

Sua Eccellenza ha definito l’Assemblea di quest’anno “naturale sbocco” delle Assemblee degli anni precedenti (2017/2018: “Abitare la Chiesa, abitare la città… a partire dall’Evangelii Gaudium“; 2018/2019: “Abitare la Chiesa, abitare la città… a partire dai giovani”) riconoscendo che se abitare la citta indica stabilità di cittadinanza e “Missionari nella” significa riconoscimento, dinamicità, spostamento “dovremmo riconoscere, umilmente e onestamente che, talvolta o spesso, ci sfugge questa Chiesa di fuori, cioè ai margini e anche questa città fuori dai suoi confini”.

Il Vescovo si è domandato e ha chiesto a tutti di domandarsi: “Dove sono e che cosa fanno quelli che incontriamo spesso, ma non vediamo mai in Chiesa? Dove sono e come vivono quelli che mai incontriamo e mai vediamo nelle nostre Assemblee?  Perché è chiaro che l’assenza le distanze che prendono da noi, l’indifferenza, sono sintomo chiaro ed evidente di non significanza per loro, la perdita di tanti lunghi percorsi fatti accanto gli uni agli altri, ma evidentemente non di vicinanza e di prossimità reale”.

Per questo il Vescovo ha evidenziato che è importante passare nel secondo giorno di Assemblea dalla pista fondante del primo giorno alle piste operative, sollecitati anche dal messaggio del Papa per la giornata missionario di quest’anno “Battezzati e inviati”, con un compito affidato volutamente ai responsabili diocesani e parrocchiali dei vari ambiti pastorali.

Il Vescovo ha così concluso la sua introduzione: “Voglia lo Spirito, che abbiamo invocato, e la Beata Vergine Maria, che pregheremo come “Stella della nuova evangelizzazione“, sostenere le nostre buone intenzioni, accompagnare i passi del nostro procedere, benedire i segni di grazia per l’impegno che mettiamo”.

La prima Relazione “La missionarietà nella Chiesa alla luce della Evangelii Gaudium (pista fondante) è stata tenuta da P. Giulio Albanese, missionario comboniano, con forti accenti di richiamo e inviti a considerare ciascuno la propria vocazione cristiana e a saper interpretare i segni dei tempi, a guardare seguendo l’invito di papa Bergoglio alle nostre città, ai nostri paesi, al mondo a partire dalle periferie, non solo quelle geografiche ma anche quelle esistenziali.

Il relatore ha spiegato come saper interpretare i segni dei tempi significhi soprattutto interpretare il nostro tempo, tenendo conto per primo che gli atteggiamenti di intolleranza pervasivi alla società contemporanea unitamente a quel sentire nutrito dall’impotenza di fronte ai problemi della vita. Sono sintomatici di quella che potremmo definite una vera e propria “crisi di civiltà”. Padre Giulio ha richiamato a tal proposito una missiva di Paolo VI che nel 1971 affermava che il nostro è un tempo di vertici di progresso ma anche di abissi di solitudine e di perplessità senza precedenti.  Ha fatto poi un’attenta analisi dei problemi sociali ed economici che hanno causato questo stato di insicurezza soprattutto nella vecchia Europa con il sopravvento del cosiddetto “pensiero debole” con la conseguente negazione del discernimento indispensabile di fronte all’evoluzione della modernità e con la globalizzazione che sta confinando la complessità dell’uomo in una gabbia essenzialmente economica o finanziaria generando un senso di disorientamento e incertezza con un impatto negativo sulla sfera dei valori.

In secondo, luogo il relatore ha spiegato, richiamando un saggio di Carlo Cipolla sulla stupidità umana, che oggi c’è il rischio di giudicare la realtà umana come se fosse “complicata” quando invece essa è “complessa”, vedi ad esempio il fenomeno migratorio, vale a dire con intrecci tali che generano estrema difficoltà, se non addirittura l’impossibilità immediata a individuare le modalità per ottenere risoluzioni efficaci. E proprio questa complessità papa Francesco intende interpretare chiedendo all’Europa di procedere sulla strada della accoglienza e della integrazione.  In questo contesto la Chiesa è chiamata ad essere sale e lievito, promuovendo una rivoluzione culturale che riaffermi il primato della persona umana creata ad immagine e somiglianza di Dio, percependo la globalizzazione come convivialità delle differenze.

Padre Giulio si è a questo punto chiesto cosa fare per portare concretamente il Vangelo fino agli estremi confini. Intanto ogni cristiano deve coltivare in forza del proprio battesimo questa apertura con il cuore e con la mente e da qui partire per incontrare e accogliere le persone. E poi parlando con forza l’invito ad essere chiesa accogliente, inclusiva perché la nostra non può essere una fede “repellente” ma una fede in uscita: “Siamo noi che dobbiamo cercare, uscire fuori le mura per raggiungere le “pecorelle smarrite”, smettendo di aspettarle in chiesa o in oratorio” ricordando che il punto di partenza nell’evangelizzazione non sono le nostre parole ma la situazione reale dell’altro che pone interrogativi e attende risposte, perché il vero ascolto esige attenzione. È urgente per questo uscire dal proprio egocentrismo, dalla difesa del proprio territorio cognitivo, disponendosi con misericordia ad accogliere al proprio interno un altro diverso da sé”.

Il relatore ha evidenziato che per andare incontro ai lontani è necessarie un’opera di identificazione e di ricognizione, di conoscenza delle periferie esistenziali della nostra Diocesi, delle nostre parrocchie perché gli immigrati, gli ammalati, i poveri, gli emarginati, le vittime di ingiustizie sociali devono essere sempre e comunque in cima alla nostra agenda. Padre Giulio ha sottolineato a questo punto che dal dialogo e dall’ascolto deve scaturire comunque la consapevolezza del primato dello “Spirito sulle opere”: la missione non è un insieme di cose da fare o un’organizzazione umanitaria efficiente che attira la stima di tutti, ma soprattutto testimonianza delle risurrezione di Gesù Cristo e della speranza del  regno, una “testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola di santità” (EN,41). Il relatore si è augurato, a questo punto il passaggio da una cattolicità geografica, ad una cattolicità definita antropologica, nel senso che la missione deve raggiungere ogni uomo per fargli incontrare Cristo affinché egli sia da lui trasformato e salvato.

Alla fine Padre Giulio ha sottolineato che la missione evangelizzatrice della Chiesa presuppone che ci siano persone che si consacrino totalmente ad essa e che la constatazione che le vocazioni di speciale consacrazione in Italia e all’estero stiano diminuendo è forse un’indicazione provvidenziale che Dio ci fa giungere per rinnovare evangelicamente la figura del missionario, aprendola a tutti coloro che – sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche –  sentono il bisogno di rispondere all’amore di Cristo.

L’intervento finale è stato quello di don Paolo Martino Direttore dell’Ufficio Missionario della Diocesi, che ha parlato delle prospettive per la nostra Diocesi dell’Ottobre missionario, ha illustrato il messaggio del Papa per la Giornata Missionaria Mondiale sottolineando lo slancio missionario per l’evangelizzazione che deve animare tutti i cristiani e ha ricordato lo svolgimento nel mese di ottobre del Sinodo per l’Amazzonia.

Cecè Caruso


Intervento di padre Giulio Albanese
• Intervento di don Paolo Martino (Direttore Ufficio Misisonario Diocesano)
 
ASSEMBLEA DIOCESANA 2019
 

Allegati:

Apertura Causa Beatificazione di P. Ludovico Polat

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