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31/Gen/21

Il Sinodo entra nel vivo con la solenne Professione di fede e con la prima relazione dell’Instrumentum Laboris sulla Chiesa

Si sono tenute il 29 gennaio 2021 nella Chiesa di san Gaetano Catanoso in Gioia Tauro, le sessioni II e III di questo tempo di grazia che il Sinodo rappresenta per la nostra Diocesi. Le misure di sicurezza sono state rispettate tutte e scrupolosamente: autocertificazione, misurazione temperatura, igienizzazione continua delle mani, distanze di sicurezza, obbligo dell’uso della mascherina da indossare in modo corretto e igienizzazione dei microfoni ogni qualvolta qualcuno prendeva la parola (soprattutto nella fase dedicata agli interventi e considerazioni, domande e proposte post relazione introduttiva).

Se la Parola e la preghiera sono le fondamenta essenziali del creare comunione, del “sinodare” che si declinano poi nei vari momenti specifici che l’assemblea sinodale vive e di cui si compone, la seconda sessione, quella dedicata alla Professione di Fede, ha rimarcato come senza preghiera non vi può essere azione, senza ispirazione dello Spirito Santo le azioni diventano meccaniche e ripetitive e più che andare avanti per amore, verso la Chiesa e il prossimo, camminando nella Verità,  si andrebbe avanti per mera inerzia ed esposizione dei contenuti.

Ecco, quindi, che dopo alcune indicazioni preliminari comunicate dal Segretario del Sinodo don Domenico Loiacono, si è entrati nel vivo con una liturgia molto significativa che dopo la proclamazione del Vangelo e l’omelia del nostro Vescovo Mons. Francesco Milito ha visto la professione di Fede dei membri del Sinodo.

Nell’omelia, dopo aver spiegato teologicamente l’importanza del Sinodo, introducendoci e addentrandoci adesso decisamente nell’esercizio del sensus fidei, attraverso il quale il popolo di Dio, sotto la guida del magistero, aderisce indefettibilmente “alla fede una volta per tutte trasmessa ai Santi”, con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più pienamente l’applica alla vita”,  il Vescovo ha sottolineato come il Sinodo si configura come scuola ed educazione al senso della Chiesa, partendo dal senso della fede, anche per captare a che punto è oggi nell’uomo della Piana-aspromontana il senso soprannaturale della fede. è questo che ci rende invitati e inviati a testimoniare, con la vita e la parola la fede che professiamo e a renderci conto dello stato in cui si trova nelle nostre comunità, che risentono del peso e della grazia del passato ma anche delle sfide del fenomeno religioso del, nostro tempo. “Il Credo, la professione di fede – ha affermato il Vescovo – rivela così la pubblicità del nostro credere e la modulazione del nostro rapporto con Dio per le cose degli uomini”. Per questo al senso della fede deve affiancarsi l’intelligenza della fede perché l’approfondimento della comprensione della fede stimola la testimonianza di Cristo nel mondo. “Il Sinodo per questo – ha proseguito il Vescovo – diventa anche esperienza di fede personale, comunitaria, più cosciente. Esplode in fede missionaria, animante tutta la Catechesi”.

Il Vescovo ha concluso invitando tutti i membri ad essere “più compresi” della Professione di fede tra poco avrebbero fatto: atto solenne, atto ecumenico, atto che re-impegna il nostro essere fedeli, cioè affidati e fiduciosi nella fede a Dio verità”.

Dopo aver in silenzio ringraziato il Signore per il dono della fede. tutti i membri del Sinodo hanno professato la propria Fede e il momento di preghiera si è concluso con la benedizione del Vescovo.

La terza sessione, moderata dal Vicario Generale Mons. Giuseppe Nicola Varrà, ha visto la relazione ben articolata e molto approfondita di don Cosimo Furfaro, sulla I parte (la Chiesa) dell’Instrumentum Laboris.

La relazione si è soffermata essenzialmente sull’ecclesiologia del Concilio Ecumenico Vaticano II andando ad analizzare ciò che le varie Costituzioni conciliari hanno affermato in merito e sottolineando questi aspetti fondamentali:

1) La Chiesa non è semplicemente società e Corpo mistico di Cristo ma è anche e primariamente sacramento e mistero trinitario.

2) La Chiesa non è formata solo dal sacerdozio ministeriale e gerarchico, ma anche e fondamentalmente dal sacerdozio battesimale di tutto il popolo di Dio.

3) La missione della Chiesa non è una fase episodica e passeggera della sua attività ma la sua stessa natura.

4) La Chiesa non è solo l’universalità del popolo di Dio ma anche e inseparabilmente la comunità locale dei fedeli raccolti insieme al Vescovo.

5) La Chiesa di Cristo non è semplicemente identica alla Chiesa cattolica ma sussiste in essa. Esiste, quindi, un’appartenenza non piena ma reale alla Chiesa.

6) La Chiesa non è identica al Regno ma ne è il germe e l’inizio.

Don Cosimo ha concluso la sua relazione augurandosi che il Concilio in buona parte ancora inattuato attraverso un lungo esame dei testi e una lunga serie di esperienze pastorali possa essere recepito e applicato dalla nostra Chiesa locale per la quale “il Sinodo diventa occasione propizia, donata dalla Provvidenza, per rivedere, sotto i riflettori dello Spirito, la vita delle nostre comunità ed operare quella conversione pastorale, necessaria per adeguarle alle gioie ed alle speranze, alle tristezze ed alle angosce degli uomini d’oggi“.

L’ultimo momento, prima della Preghiera per il Sinodo, è stato un primissimo assaggio pratico del “sinodare” in cui, anche ispirati e sollecitati dalla relazione di don Furfaro, alcuni dei sacerdoti, religiosi, diaconi e laici presenti hanno fatto domande o hanno espresso il loro pensiero. Da tale confronto è emersa, senza perdere mai di vista la bellezza e l’importanza della vocazione specifica di ognuno, l’importanza di un’ecclesiologia di comunione, che nella dimensione trinitaria della liturgia trova la sua origine e la sua fonte.

Ufficio Comunicazioni Sociali


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