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20/Feb/24

Insegnanti di religione sulle tracce dell’arte diocesana.

Fortemente voluto durante il suo mandato episcopale da mons. Luciano Bux, vescovo della diocesi dal 1995 al 2012, il MuDOP (Museo Diocesano Oppido-Palmi) ha aperto giorno 16 febbraio 2024 le sue sale a noi docenti di religione cattolica accompagnati dalla responsabile dell’Ufficio Scuola suor Clementina Carbone per dare inizio ad una serie di incontri di formazione per il progetto “Alla scoperta della Spiritualità nell’Arte Sacra presso il MuDOP” che propone l’incontro tra arte e spiritualità.

L’itinerario è stato guidato dall’ingegnere Paolo Martino, direttore dell’ufficio diocesano di Beni Culturali Ecclesiastici e da Maria Teresa Casella, guide attive del Museo Diocesano attraverso opere appartenenti al patrimonio diocesano e ulteriormente arricchito dalla partecipazione eccezionale del professore Andrea Nante, Storico dell’Arte e direttore del Museo Diocesano di Padova dal 2000.

Il primo proposito del progetto è quello di accendere un vivo interesse verso l’arte sacra diocesana nei docenti di religione, i quali, formandosi in modo esperienziale davanti alle opere stesse, divengono i primi “ermeneuti” di arte e fede dei propri allievi.

Il viaggio ha avuto inizio davanti all’incantevole e grazioso calco in gesso dell’Angelo di Salvatore Albano, artista oppidese di fama mondiale dell’800. La figura mite e graziosa, dedicata alla veglia della tomba della madre dell’artista, non teme di mostrare accanto alle proprie caratteristiche angeliche anche un velato corpo umano di donna, ponendosi così tra cielo e terra ad accogliere i visitatori.

Nella stessa stanza spicca lo speciale gioco di luci su tela raffigurante Sant’Antonio da Padova, realizzato dalla scuola meridionale tra il XVII e il XVIII secolo rappresentante il Santo padovano con in braccio il bambino Gesù che rivolto con gli occhi al cielo sembra comunicare con Dio-Rivelatore.

Ha seguito la visita della sala dedicata al concilio di Trento che ospita una riproduzione di un altare tridentino, arricchita dagli arredamenti tipici del tempo. L’accurata riflessione dell’ingegnere Martino sui cambiamenti storici e liturgici che si sono realizzati dal concilio tridentino ad oggi hanno fatto fiorire in noi ricordi e curiosità sul modo di pregare e di vivere la messa prima del Concilio Vaticano II.

I monumenti attorno a cui eravamo disposti hanno preso vita attorno a noi, attraverso il racconto delle loro storie, dei loro autori e dei loro profondi significati. Basti pensare alle Allegorie della fede e delle speranza (prima metà sec. XIX), che con i loro benevoli sguardi e la delicatezza dei propri lineamenti, abbelliscono una sala piena di opere marmoree. Tra i vari stemmi vescovili risalta quello del vescovo Alessandro Tommasini, scolpito da maestranze calabresi tra il 1792 e il 1818. L’insegna è ricca di particolari e mostra in tutto il suo splendore la regalità del rinascere attraverso i numerosi simboli che comunica all’osservatore, narrando una coraggiosa storia di “resilienza” del tempo in cui Oppido, ridotta in macerie dal terremoto, stava imparando a risorgere accanto al suo tenace pastore. Il pavone, simbolo d’immortalità, la fenice, anch’essa simbolo della vita dopo la morte e all’ulivo, simbolo biblico della rigenerazione, accanto alla torre di Oppido divengono emblemi della ricostruzione di una società dopo tempi di profondo smarrimento.

Lo stesso stemma lo abbiamo ritrovato inciso sulle Anfore per gli oli sacri, realizzate da un argentiere messinese nel 1792 e, oltre a scoprirne un importante valore artistico, è stato curioso apprendere che sono le stesse anfore utilizzate ancora oggi il Giovedì Santo in Cattedrale per la distribuzione dell’olio dei catecumeni, degli infermi e del Santo Crisma. È particolarmente bello scoprire un museo capace di uscire dalle proprie mura per tornare a far parte della vita attiva della comunità riprendendo il posto di un tempo.

Nella fase conclusiva abbiamo visitato la sala forse più suggestiva, che vede al proprio centro l’ammiratissima opera marmorea di San Sebastiano, realizzata da Benedetto da Maiano (del quale si ipotizza un legame diretto con grande Michelangelo Buonarroti) nella seconda metà del XV secolo, circondata da mitrie, pianete e piviali, ricamati da chissà quali raffinate e delicate mani. La storia dei grandi vescovi oppidesi circonda il santo martire, che attira e stupisce per l’incisiva bellezza.

L’ultima tappa che ospita una particolare tela di San Francesco da Paola (sec XIX), una di Sant’Elia profeta (1858) e un dono di mons Bux raffigurante la Madonna Odigitria di Smolenk risalente alla fine del XVIII secolo, ha chiuso splendidamente questo percorso, arricchito da molti altri pezzi storici e artistici, conducendo all’epilogo perfetto di un pomeriggio di formazione che ci ha portati indietro nel tempo.

Questo primo incontro ha permesso di far germogliare in noi docenti IRC una riflessione interdisciplinare sul valore del tempo e della fede. Condividendo con passione l’energia vitale del museo, le nostre guide ci hanno resi responsabili e ulteriori custodi della trasmissione del valore prezioso di questa ricchezza culturale della Diocesi.

Sarà l’obiettivo dei prossimi incontri fornire delle risorse didattiche da trasmettere agli alunni delle scuole primarie e secondare di primo grado e delle scuole secondare di secondo grado, portandoli, attraverso un percorso di formazione, alla visita dal vivo del MuDOP.

Ispirati da questo percorso attraverso l’arte e la cultura come espressione di fede, ci impegneremo ad utilizzare i nuovi elementi acquisiti nel nostro cammino di formazione spirituale ed umana, scolastica e diocesana, grati dell’opportunità che ci è stata data.

Annalisa Reitano

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