Anche quest’anno, con il personale della casa famiglia abbiamo sentito forte il richiamo di riprendere il cammino verso i luoghi Santi interrotto due anni fa. E quale poteva essere l’evento migliore se non il Giubileo della Speranza? Un invito a un profondo cambiamento interiore, un’occasione unica per immergerci in un percorso di conversione, misericordia e rinnovamento spirituale.
Così, il 5 aprile, dopo un viaggio di quasi sei ore in treno siamo arrivati a Roma, e qui, con il personale della casa famiglia, i nostri ospiti e alcuni volontari abbiamo vissuto due giornate indimenticabili.
Primo giorno: arriviamo a Roma e qui ci aspetta un meraviglioso pomeriggio di sole, che ci accompagnerà e illuminerà il nostro cammino in queste due giornate romane.
Arrivati in hotel, il tempo di riposaci un attimo, un caffè, la terapia del pomeriggio per i nostri ospiti e via, pronti ci incamminiamo a piedi verso la Basilica.
Percorriamo qualche chilometro, e arriviamo in Via della Conciliazione, ci troviamo davanti la meraviglia della Cupola di San Pietro e il colonnato del Bernini che sembra stringerci in un caloroso abbraccio, il tempo di esibire i pass e, sorreggendo i nostri amici ospiti, qualcuno in carrozzina, tutti con in mano il foglietto delle preghiere che i volontari ci avevano consegnato. Seguiamo la croce e iniziamo la recita del Santo Rosario, in processione verso la porta Santa, sotto un caldo sole di aprile che scaldava i nostri cuori.
In processione con noi, pellegrini, ammalati, tante carrozzine, tanti volontari, alcuni cantavano, altri pregavano sottovoce, ognuno portava con sé il peso della propria croce con nel cuore una sola speranza, vivere un’esperienza di fede e rinnovare ognuno la propria relazione con Dio e con gli altri, in un contesto di speranza e misericordia.
E cosi, affaticati ma felici per aver completato il percorso, raggiungiamo la Porta Santa, tutti con una mano alzata e pronta per toccare quella Santa porta, per attraversare quell’uscio che si trasformava in varco verso una vita nuova.
Completato il percorso, siamo rimasti a lungo ad ammirare la maestosità della Basilica, abbiamo gioito e qualcuno pianto ma tutti abbiamo ringraziato il Signore per questo immenso dono.
Secondo giorno: la messa a San Pietro. La messa sarà celebrata dall’ Arcivescovo Rino Fisichella, il Santo Padre non si è ancora ripreso dalla malattia. Prima della lettura dell’omelia scritta dal Santo Padre, l’arcivescovo dirà: “il Papa in questo momento è a pochi metri da noi, ci è particolarmente vicino e sta partecipando a questa Eucarestia attraverso la televisione come tanti malati. Poi nell’omelia il suo messaggio che arriva forte e chiaro, ed è per ognuno di noi,
“Non releghiamo chi è fragile e il suo dolore lontano dalla nostra vita.”
E ancora “la camera dell’ospedale e il letto dell’infermità possono essere luoghi in cui sentire la voce del Signore che ci invita a cogliere qualcosa di nuovo, perché proprio quando sembra che tutto è perduto, che non ci sia più speranza, Dio entra nella nostra vita e ci invita a rinnovare la fiducia in lui specialmente quando la prova si fa più dura, la sua grazia e il suo amore ci stringono ancora più forte per risollevarci.
Ma la sorpresa più bella, al termine della celebrazione, nella giornata dedicata agli ammalati e al personale sanitario è l’arrivo di Papa Francesco, malato tra i malati, in carrozzina accompagnato dal suo infermiere personale che lo porta fino all’altare. “Buona domenica a tutti, grazie, grazie tante!” le sue parole. E mentre la folla dei pellegrini applaude il Santo Padre si allontana e benedice tutti.
Il volto di Papa Francesco sullo schermo, è stato il dono più grande, in una piazza profondamente grata, commossa e felice, colpita da un uomo, che pur malato e in difficolta sorrideva e ringraziava, nonostante la sofferenza esprimeva coraggio e fiducia.
Sono state due giornate intense, ricche di condivisione, gioia e sorrisi, un’esperienza forte, un invito a migliorarci e ad accettare le avversità che la vita ci pone, a ripartire con un nuovo cammino di speranza e a riconoscere nella nostra vita i segni di Dio.
E’ trascorso quasi un mese dal nostro cammino Giubilare, e dieci giorni dalla morte del Santo Padre. La sua salita al cielo ci ha generato in noi dolore ma anche una riflessione sulla sua eredità. Papa Francesco ha camminato tra gli ultimi, chinandosi sui feriti dalla vita, con la discrezione di chi non guarisce ma accarezza…E tra tutti gli ultimi i malati hanno avuto un posto speciale nel suo cuore. Il Giubileo non si conclude, ma continua nella nostra vita di tutti i giorni. Possiamo essere capaci di testimoniare la speranza con gesti concreti di carità, attenzione e cura degli altri .
Donatella Grillo