“Oggi la salvezza è entrata in questa casa”: sabato 14 Giugno 2025 è risuonata con forza e commozione questa frase del Vangelo di Zaccheo tra i muri dell’Istituto Penitenziario ICAt “Luigi Daga” di Laureana di Borrello, durante la celebrazione del Giubileo delle famiglie organizzato dalla Cappellania del carcere guidata da don Rosario Rosarno, alla presenza del vescovo di Oppido-Palmi mons. Giuseppe Alberti. Un giorno luminoso, segnato da incontri, preghiera e speranza, dove ciascuno ha potuto riconoscersi in Zaccheo, piccolo e nascosto, eppure cercato, guardato, amato, fino al punto di sentirsi dire: “anch’egli è figlio di Dio”.
È stato il cuore di un evento che ha visto coinvolti, in un clima di fraternità profonda, detenuti, famiglie, personale penitenziario, volontari e associazioni, in particolare Prison Felloship che ha incoraggiato la realizzazione nella persona di Francesco Di Turo.
Dopo l’accoglienza delle famiglie e l’introduzione al senso del Giubileo da parte del Vescovo, come passaggio interiore e comunitario verso la misericordia, l’incontro tra parenti e detenuti ha avuto luogo nel cortile interno, dove insieme si è invocato lo Spirito Santo per poter fare in Cristo un’unica famiglia.
Commovente è stata la testimonianza di una volontaria, che ha raccontato la conversione profonda di un giovane detenuto, trasformato dal dolore in occasione di grazia. A seguire ognuno è stato chiamato a compiere un gesto personale scritto su una chiave come segno di passaggio: chiudersi la porta dell’errore alle spalle per intraprendere un nuovo cammino, come in ogni pellegrinaggio, che tutte le culture e le religioni conoscono: un andare che parte da dentro, verso un orizzonte comune di pace. Così si è potuti attraversare la Porta Santa, preparata con fiori e il logo del Giubileo per poi scegliere una delle immagini stampate proposte da portarsi in cella: Gesù che abbraccia la Croce, Gesù che accoglie Zaccheo, Gesù che viene aiutato dal Cireneo, tutte dell’artista Koder.
Come racconta Franco, uno dei volontari presenti alla celebrazione “il momento più toccante è stato forse la preghiera finale, in cui i detenuti hanno invocato Dio ciascuno nella propria lingua e fede: voci diverse, unite dal desiderio di salvezza, che hanno attraversato i confini religiosi per farsi una sola supplica di pace e perdono”.
L’intero evento è stato illuminato dalla lampada del Giubileo, donata da papa Francesco a tutte le carceri nel gennaio scorso: luce accesa in un luogo spesso dimenticato, ma che oggi è stato casa, casa di Dio, casa di uomini in ricerca, casa di salvezza.
Al termine della celebrazione, ci si è intrattenuti con un lauto pranzo conviviale preparato dai volontari all’insegna dello scambio di racconti di vita, testimonianza cristiana, vicinanza umana per sentirsi veramente “famiglia”.
Tutto questo è stato possibile grazie alla collaborazione di tanti: la direttrice dott.ssa Caterina Arrotta, il comandante Giuseppe Ramondino, la dott.ssa Simona Prossomariti responsabile dell’area educativa, tutto il personale penitenziario, l’associazione Prison Fellowship, le volontarie e i volontari della Cappellania – Luana, Marina, Maria, Anna Maria, Antonella, Francesca, Elena, Cetta, Mariarosa, Mimmo e Franco – l’associazione Il Cenacolo e altri che nel silenzio hanno offerto il proprio contributo. Preziosa anche la presenza di don Benedetto, vicario episcopale per la Carità.
Insieme, ognuno con la propria parte, ha contribuito a realizzare un giorno che resterà impresso nel cuore di molti: perché davvero, oggi, la salvezza è entrata in questa casa.