Intervista a don Domenico Loiacono di Mimmo Petullà
Nella prospettiva di un rinnovamento ecclesiale, che affonda le sue radici nella logica della sinodalità, l’intervista che segue si propone di esplorare come nella realtà della diocesi di Oppido Mamertina Palmi si stia concretizzando la tensione verso una Chiesa realmente partecipativa, capace appunto per questo di coniugare ascolto, discernimento e corresponsabilità. Le domande rivolte a don Domenico Loiacono – già segretario del primo sinodo diocesano – intendono pertanto approfondire l’efficacia dei percorsi sinodali nella promozione di una comunione organica tra i diversi carismi e ministeri, nonché la capacità reattiva della Chiesa locale nell’affrontare – con rinnovato coraggio evangelico – le ineludibili sfide che ne attraversano il tessuto sociale e pastorale.
- Durante la fase antepreparatoria del Sinodo, la diocesi è riuscita a promuovere una comunione organica tra i diversi carismi e ministeri, offrendo al tempo stesso spazio di parola e di ascolto anche a quanti – per varie ragioni – si trovavano ai margini della vita socio/ecclesiale?
La fase antepreparatoria del Sinodo diocesano si è svolta con la capillare diffusione nel clero, nei religiosi e nei gruppi, movimenti e associazioni presenti nella Chiesa locale delle schede con i Desiderata, ovvero gli auspici sui temi pastorali che l’assise avrebbe dovuto trattare. Ricordiamo che la fase antepreparatoria come anche la stessa celebrazione del Sinodo sono state fortemente condizionate dalla pandemia. Pertanto, la promozione di una comunione organica tra i diversi carismi e ministeri si è realizzata concretamente con le Sessioni Sinodali tenutesi presso i locali della Parrocchia “San Gaetano Catanoso” in Gioia Tauro e con l’esperienza di dialogo più diretto nei Circuli minores. La successiva pubblicazione del Libro del Sinodo ha dato rinnovato impulso a molteplici prospettive pastorali per continuare e rendere sempre più praticabile l’offerta di spazi di parola e ascolto a coloro che si trovano ai margini della vita socio/ecclesiale.
- Appare importante non correre il pericolo che il tema della sinodalità diventi una sorta di slogan, piuttosto che uno stile rinviante a quella che è la dimensione costitutiva della Chiesa. Ascolto reciproco, dialogo e discernimento comunitario – all’insegna dell’assunzione di decisioni comuni – sollecitano, tra l’altro, a rimettere al centro della vita ecclesiale gli organismi di partecipazione comunionale, a partire dal consiglio pastorale parrocchiale. A questo proposito i Padri Sinodali – oltre a evidenziare la necessità di trovare nuovi modi di partecipazione – osservano che “devono uscire da una dimensione puramente formale o burocratica e diventare sempre più esperienza della vivacità di una Comunità impegnata nella missione evangelizzatrice”.
Lo stile sinodale caratterizzato da ascolto, dialogo e discernimento comunitario ha come suo necessario fondamento la spiritualità sinodale. Tale spiritualità si basa innanzitutto sull’umile e profondo ascolto della Parola di Dio, che apre davvero a un sincero ascolto dell’altro e all’adeguata valutazione delle situazioni. In questa dimensione spirituale il dialogo diventa donazione di se stessi riconoscendo nell’interlocutore un fratello in Cristo per il quale si desidera un bene concreto. Nel dialogo possono esserci tensioni, ma in una logica di fede si risolvono per amore della Verità e per il bene comune. Il discernimento comunitario va inteso pure come il cammino del popolo di Dio che attraversa situazioni cariche di potenzialità e criticità: si tratta di pregare per scorgere e praticare la volontà del Signore nella complessità della vita poiché si è consapevoli che Egli guida e agisce nella storia. Solo se nelle nostre Comunità si coltiva una spiritualità sinodale i consigli pastorali parrocchiali insieme ad altri organismi di partecipazione ecclesiale potranno avere la dovuta centralità nella dimensione della corresponsabilità decisionale e a servizio dell’evangelizzazione.
- La logica della sinodalità sottolinea l’urgenza di creare le condizioni perché doni e carismi – che trovano la loro origine nello Spirito Santo – possano contribuire all’edificazione della Chiesa e all’annuncio del Vangelo. In questa direzione di senso nella Diocesi è tempo che si incoraggi ulteriormente la voce delle donne. Anche in questo caso i Padri sinodali si sono espressi, riconoscendo la necessità di individuare forme più partecipative: “Si riconosca sempre di più la sensibilità e la ministerialità della donna, con particolare attenzione alla vita consacrata, in relazione allo svolgimento di funzioni di responsabilità a fronte di quelli che vengono definiti ruoli decisionali a livello diocesano o parrocchiale”.
La voce della donna nella nostra Diocesi va tenuta in grande considerazione anche perché sono soprattutto le donne a tenere vive le Comunità parrocchiali. La donna (bambina, giovane, adulta, sposa, madre, consacrata) arricchisce la Chiesa sottolineandone la dimensione femminile e materna. La vocazione e missione specifiche della donna sono complementari a quelle dell’uomo in una logica di servizio per il bene della Comunità cristiana e del territorio in cui viviamo anche in ambito decisionale nel rispetto dei ministeri e carismi voluti dal Signore. In tal senso, risulta fondamentale coltivare la spiritualità e lo stile sinodale come via sicura da percorrere per dare il giusto valore a tutti i membri del popolo di Dio.
- I Padri sinodali hanno rivolto una particolare attenzione anche ai fenomeni della ’Ndrangheta e della Massoneria, sottolineandone l’impatto negativo sulla vita ecclesiale e sociale. A proposito della ’Ndrangheta, hanno evidenziato la necessità di “mettere in atto una specifica pastorale che possa in modo attivo contrastare, attraverso la forza del Vangelo e ‘le armi’ della cultura, la mentalità della ’ndrangheta con un atteggiamento di fermezza e coraggio”. Relativamente alla Massoneria, invece, hanno affermato che se essa “è un male e, quindi, fa scivolare nell’errore (..) va affermato con chiarezza agli erranti lo sbaglio in cui sono caduti. Ecco perché è fondamentale che tutti i fedeli, soprattutto il clero e i catechisti, nella catechesi ordinaria e in altre occasioni propizie, espongano con chiarezza e fermezza la posizione della Chiesa sulla massoneria”.Alla luce di queste prese di posizione, come valuta l’attualità e la concretezza di tali indicazioni sinodali, e quali passi ritiene siano ancora da compiere per affrontare pastoralmente questi due inaccettabili fenomeni?
Le indicazioni sinodali su ’Ndrangheta e Massoneria sono certamente molto chiare e concrete nella loro attualità. Il Libro del Sinodo è stato consegnato alla nostra Chiesa solamente tre anni fa e, pertanto, come ogni documento deve essere innanzitutto conosciuto e quindi gradualmente e adeguatamente attuato all’interno di un cammino di crescita nella spiritualità e nello stile sinodale. La nostra Diocesi si trova in un momento storico di attuazione del Libro del Sinodo soprattutto attraverso il coinvolgimento capillare dei consigli pastorali parrocchiali e degli organismi diocesani di partecipazione ecclesiale. I passi, quindi, si stanno già compiendo per rendere sempre più mature le nostre Comunità sul versante di una fede pensata che diventa fede consapevolmente attuata. Una fede pensata, infatti, attiva processi pastorali che profumano della perenne novità del Vangelo perché riescono a mediare la Verità rivelata nell’oggi della storia. Sicuramente ‘Ndrangheta e Massoneria rappresentano criticità funeste del nostro territorio e solo Comunità mature nella fede possono pronunciare parole e compiere gesti profetici per scuotere le coscienze. Rimane per tutti l’impegno di pregare e contribuire con il proprio specifico servizio nella Chiesa, affinché il popolo di Dio che vive nella nostra Diocesi possa continuare a compiere un cammino ecclesiale di conversione al Vangelo così da rendere testimonianza al Signore Gesù.















