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25/Set/20

Gesù chiamò a sé i dodici e prese a mandarli

Giovedì, 24 settembre nell’Auditorium diocesano “Famiglia di Nazareth di Rizziconi, si è svolta la prima delle due giornate dell’Assemblea Diocesana sul prossimo Sinodo Diocesano 2020-2022, Camminare nella verità, con la partecipazione, a causa dell’obbligo della presenza contenuta di persone in ambienti chiusi, dei soli Membri Sinodali. Un’assemblea diocesana, come sottolineato nella monizione introduttiva della preghiera iniziale in cui appunto “pregustiamo l’evento di grazia del primo Sinodo che la nostra Diocesi si prepara a celebrare e a vivere” e che si aprirà con la solenne celebrazione eucaristica nella Cattedrale Santuario di “Maria SS. Annunziata” di Oppido Mamertina l’11 ottobre p.v.
Successivamente i lavori sono stati introdotti da don Domenico Loiacono, Segretario generale del Sinodo e moderatore dell’incontro, che ha sottolineato come l’Assemblea diocesana rappresenti la fine della fase antepreparatoria del Sinodo diocesano.
 
È seguita la relazione del nostro Vescovo S.E. Mons. Francesco Milito che ha rivolto il suo saluto a Mons. Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara, Vice Presidente CEI per il Nord, spiegando il motivo della sua scelta come relatore.
Nel suo intervento il Vescovo ha svolto un’ampia e articolata relazione sul “Perché del Sinodo Diocesano” soffermandosi dapprima sui criteri di scelta dei Membri Sinodali invitandoli “a considerare una grazia speciale, unica, l’esserne coinvolti come membri” e con i quali a partire dall’Assemblea del giorno successivo avrà modo di avviare un aiuto di coscientizzazione di tali ruoli e dei doveri che il farne parte comporta. Ha poi spiegato l’importanza del loro compito di prestare aiuto al Vescovo diocesano esprimendo il loro parere o voto circa le questioni da lui proposte, nella comune ricerca di ciò che lo Spirito chiede nel momento presente alla Chiesa particolare, cogliendosi così la natura del Sinodo: “contestualmente e inseparabilmente, atto di governo episcopale ed evento di comunione…strumento per eccellenza per prestare aiuto al Vescovo nel determinare l’ordinamento canonico della Chiesa diocesana”.
 
Il Vescovo ha indicato i motivi che gli hanno suggerito la realizzazione del Sinodo diocesano e specificamente il primo, i 40 anni dalla costituzione della nuova Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi perché quarant’anni rappresentano un tempo ragionevole per leggere con sguardo di sintesi i fenomeni compiuti con la guida di Pastori che si sono avvicendati in Diocesi e per confermare il valido e il rinnovare nella continuità.
 
Ma “soprattutto – ha sottolineato il Vescovo – la grazia della Visita Pastorale che ha offerto tappa dopo tappa molti e preziosi motivi perché il Sinodo ne cogliesse domande e risposte affidandone l’elaborazione all’impegno di tutti. Se infatti la Visita pastorale è l’esperienza già completa, maturante e arricchente della vita di un Vescovo, il Sinodo è la forma più alta del governo pastorale perché in essa si avverte come la comunione, la koinonia – costitutiva della Chiesa – si fa servizio e diakonia di profezia, cioè lettura del presente alla luce dell’eterno di Dio”.
 
Il Vescovo ha poi evidenziato come il Sinodo Diocesano si collochi nel cammino della Chiesa aperta dal Vaticano II ma soprattutto nel solco del passaggio dal II al III millennio cristiano con tutte le consegne indicate nella Tertio Millennio adveniente e dalla Novo Millennio ineunte perchè la coscienza del cambiamento d’epoca richiamata da papa Francesco induce a privilegiare azioni che generano dinamiche nuove.
 
Il Vescovo ha poi ben puntualizzato i termini dal punto di vista concettuale e semantico perché questa chiarezza aiuta e precisa coscienza e identità del Sinodo e dei sinodali spiegando che: “Questa filologia sinodale vuole essere di puntualizzazione e di aiuto per la teologia sinodale, facendo comprendere che “dire sinodo è mettersi insieme, riunirsi in assemblea per intraprendere un viaggio insieme“. Un camminare non da soli, ma con altri, insieme, condividendo punti di partenza, tappe e punti di arrivo, con l’aiuto dello Spirito Santo, e dell’Instrumentum laboris, in cui sono confluiti i desiderata dei fedeli.
 
Il Vescovo alla fine ha affermato che “il Sinodo, come esperienza unica dell’opera congiunta dello Spirito e della Comunità ecclesiale, esige anzitutto la preghiera permanente, unita ai sacrifici da offrire al Signore perché fecondi il fiorire della nostra Chiesa, aperta alle esigenze dell’uomo e del mondo d’oggi”. Per questo l’apertura del Sinodo con l’Eucarestia in Cattedrale e le prossime indicazioni di come lasciarci accompagnare dalla preghiera negli anni del Sinodo, con la preghiera del Sinodo affidata alla recita personale e comunitaria in cui chiederemo che il Signore ci guidi per una via di eternità, ci consacri nella verità e che Santa Maria del Cammino accompagni il nostro buon “sinodare”.
 
È seguita poi la relazione “Una Chiesa in Sinodo” di Mons. Franco Giulio Brambilla, che ha parlato della necessità di una “Chiesa Estroversa” prendendo lo spunto dal volume Cittadella di Antoine de Saint-Exupery per sottolineare che nel tempo presente bisogna infondere il gusto per il Vangelo, cammino questo che comporta slancio, passione, osati solo nella coralità del sensus ecclesiae, processo questo di incalcolabile importanza per il risveglio della chiesa nelle anime, come affermava Romano Guardini.
 
Soffermandosi sui passi della missione ieri e oggi, Mons. Brambilla ha citato il brano del vangelo di Marco 6,7-13, contenente il primo nucleo dei discorsi missionari, ripreso e ampliato anche negli altri vangeli sinottici perché, in pochi versetti, c’è il cuore della missione, le prime istruzioni, molto brevi, da tenere in tasca col pane, per sapere come non perdersi nel cammino, descrivendo sostanzialmente quattro momenti.
 
Il primo momento traccia l’identikit della missione: Gesù chiamò a sé i dodici e prese a mandarli a due a due, e dava loro il potere sugli spiriti impuri (Mc 6,7). E Mons. Brambilla ha sottolineato l’importanza di questo chiamare a sé: bisogna sempre stare con Gesù, ritornare continuamente ad ascoltare la chiamata, la sorgente originaria, spiegando poi l’importanza del versetto “e prese a mandarli a due a due”, domandandosi perché Gesù manda a due a due, facendo comprendere che occorre riappropriarci dello stile della missione, che non può essere fatta in proprio, da soli, perché da soli si potrà forse sollecitare il nostro narcisismo, ma non si potrà essere fecondi. Ha evidenziato poi che la missione ha un duplice movimento, il primo fa rimanere presso Gesù e il secondo proietta verso il mondo, spiegando che la fisiologia della missione deve temere come grave malattia sia i cristiani indaffarati che non hanno mai tempo per stare con Gesù, e che si realizzano nel fare, sia i cristiani intimisti che non sono mai pronti per essere mandati, per partire. Nell’evidenziare poi che la missione di Gesù fa condividere il suo potere di servizio per la guarigione da ogni forma di sofferenza, di miseria, ha sottolineato che l’azione pastorale della Chiesa vive nella sfera di azione del potere salvifico di Gesù, mettendo in contatto gli uomini con la sua forza di guarigione, mediante il suo Spirito.
 
Il secondo momento del testo richiama la dotazione della missione: E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche (Mc 6,8-9). Mons. Brambilla ha fatto presente che per Marco, a differenza di Matteo e Luca, nel viaggio si possono portare il bastone e i sandali perché, come dicono alcuni esegeti, sono un “segno pasquale”, probabilmente con riferimento al popolo di Israele, che si prepara per uscire dall’Egitto, con il bastone in mano e i sandali ai piedi. La Missione è un passaggio di liberazione pasquale, e nei prossimi anni saremo chiamati sempre più a una missione povera per i poveri, intendendosi non solo la povertà materiale, ma anche le povertà interiori che sono più difficili da superare perché la libertà interiore, la libertà del cuore, va conquistata.
 
Il terzo momento riguarda i gesti dalla missione, richiamati da Gesù con discorso diretto, come se si rivolgesse personalmente a ciascuno di noi e con una serie di verbi: rimanere, proclamare, scacciare i demoni, ungere le piaghe, guarire il cuore (Mc 6,10). Mons. Brambilla ha spiegato come sia importante che i gesti della testimonianza trovino il ritmo giusto tra animazione e formazione. Pensando ad esempio ai giovani, occorre animarli, ma soprattutto formarli, aiutandoli a superare le difficoltà relazionali, con un’azione pastorale che si trasformi per loro in un progetto di vita e ciò esige tempo perché il campionato della vita deve allenare all’ideale. Una sottolineatura su un limite della nostra pastorale a proposito della carità, in cui l’errore non sta nel sottolineare o privilegiare un aspetto ma nel viverlo in modo unilaterale, perché la carità non deve solo rispondere ai bisogni dei poveri, ma deve liberali dal bisogno, farli diventare liberi e responsabili, con una formazione che li aiuti a crescere nella coscienza della responsabilità.
 
L’ultimo momento, quello del destino della missione. Marco scrive: Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro. (Mc 6, 11). Mons. Brambilla ha evidenziato a tal proposito che la testimonianza è fatta di due momenti, il dialogo e il martirio. Il dialogo deve essere capace non di assecondare ma di richiamare gli uomini e le donne a uscire da se stessi nella consapevolezza che questa dinamica che è il cuore della nostra testimonianza può arrivare sino al martirio, deve resistere all’indifferenza, al rifiuto e alla marginalizzazione, e aiutarci a metabolizzare anche l’eventuale fallimento della nostra missione.
 
Un tempo più ristretto è stato dedicato alla seconda parte della relazione “Una Chiesa dai molti volti” in cui il Vescovo di Novara ha sottolineato che di fronte al compito di fare una chiesa dai molti volti occorra che come sfondo di ogni impegno ecclesiale vi sia la dimensione ecclesiale della fede che descrive anzitutto una coscienza e una qualità della vita cristiana, e non immediatamente l’ambito e l’oggetto del proprio impegno. Occorre inoltre che l’impegno ecclesiale assuma forme più diffuse, meno identificate in un ministero riconosciuto o istituito; spostare, infatti, tutta l’operosità ecclesiale dentro l’ambito dei ministeri è fisiologicamente errato perché si rischia di vedere identificato il servizio con quelli che servono in chiesa mentre servire la Chiesa è un modo, un segno per servire la fede e la vita cristiana di tutti.
 
Mons. Brambilla ha sottolineato che per realizzare questo occorre che la Chiesa si metta in stato di formazione e che perché la vita pastorale sia armonica bisogna distinguere almeno tre momenti della formazione del popolo di Dio.
Il cerchio più grande: la formazione della coscienza cristiana che significa soprattutto fare incontrare il vangelo con la vita quotidiana delle persone, con un’azione pastorale capace di generare “luoghi umani”, animati dalla comunità cristiana, con la parrocchia che si prende cura della qualità cristiana di queste relazioni attraverso percorsi educativi che si svolgono durante l’anno.
 
Il cerchio intermedio: la formazione dei ministeri laicali, cioè la formazione teologica, spirituale ed ecclesiale per tutti coloro che hanno già o intendono assumere un incarico ministeriale e che si realizza attraverso cammini indirizzati soprattutto alla formazione del sensus ecclesiae.
Il cerchio più piccolo, infine: la formazione delle Equipes pastorali attraverso un percorso specifico in cui sia messa alla prova l’abilitazione pratica per questo ministero pastorale delicato.
Mons. Brambilla ha concluso affermando che è facile intuire che per entrare con la mente il cuore in questa vasta opera educativa la nostra chiesa dovrà mettersi in stato di formazione, lasciando spazio e lasciandosi fare dall’azione suadente e tonificante dello Spirito Santo.
 
Alla fine della relazione numerosi le domande rivolte al relatore per sottolineare passaggi importanti del suo intervento, fare domande di chiarimento, per esprimere propri pareri.
Un momento di preghiera e il canto Santa Maria del cammino hanno concluso i lavori della prima giornata dell’Assemblea diocesana.
 
Ufficio Comunicazioni Sociali
 
 
 
 
 
1° Sinodo Diocesano 2020-2022 - Camminare nella Verità - Assemblea Diocesana - 24 Settembre 2020
 






Allegati:

Apertura Causa Beatificazione di P. Ludovico Polat

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