domenica 28 Apr 2024

“Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare” Dove? Come?


 
I nuovi e i nostri Poveri di Maria
 
Questo Messaggio di Ferragosto parte dallo stesso luogo, donde è partito, il 30 novembre 2012, il primo appello: la Basilica della Madonna dei Poveri a Seminara. Tale titolo mariano ‘ non esclusivamente nostro ‘ è così eloquente ed evocativo che basta mettersi accanto alla Beata Vergine Maria per capirne la carica ideale e reale nella elementare considerazione che una Mamma insegna ai figli di prendersi cura di tutti gli altri, cioè di tutti gli altri fratelli.
 
Avere in questo giorno vigiliare già sullo sfondo il fulgore della Solennità dell’Assunzione della B. V. Maria, aggiunge un motivo ulteriore e più vincolante a tutto il nostro riflettere e operare. La gloria che, completa in Maria, attende ogni figlio di Dio, va fatta in qualche modo pregustare già nei giorni della terra: quella del Cielo ‘ l’eternità beata ‘ non sarà raggiunta, se non assaporata da qui. Per questo la nostra attenzione deve farsi equa e giusta. Lo ricordavo nell’Omelia da cui ho preso spunto per questo quarto Messaggio:
 
 

«I poveri nuovi, quali si configurano presso di noi anche gli immigrati, e i nostri poveri, più vicini perché stabilmente residenti nella Piana, restano presenti nelle attenzioni delle ultime giornate terrene di Gesù e consegnati al futuro della Chiesa. I poveri del mondo, tutti ‘ quindi anche i nostri ‘ si profilano ora come i privilegiati speciali delle attenzioni di Papa Francesco. È per noi pace e conferma sapere di avere intrapresa una strada sulla quale il suo magistero pastorale e di vita offrirà sostegno e forza a proseguire nonostante tutto».

 
La speranza, prima richiamata, ci sproni perché il nostro riflettere e operare insieme non sia un ‘sogno di mezza estate‘. In caso contrario resterebbe un sonno, cioè un letargo: ma questo non appartiene al mondo degli uomini vigili e responsabili della propria storia e della propria terra.
 
 
 
 
Seminara, 14 agosto 2013
Basilica della ‘Madonna dei Poveri’,
memoria liturgica.
 
 
 

+ Francesco Milito

         Vescovo
 
 

 

 
Giovedì Santo: dall’emergenza all’integrazione
 
Nella Messa del Crisma, il Giovedì Santo, 28 marzo di quest’anno, le nostre Comunità ecclesiali, rispondendo all’invito rivolto all’inizio della Quaresima, hanno contribuito alla costituzione di un fondo di solidarietà con le offerte, frutto della pratica del digiuno, e l’impegno perché la cosiddetta emergenza immigrati ‘ di fatto un sistema di facciata per le evidenti gravissime mistificazioni che ne stanno alle origini, e la sostengono ‘ cedesse il posto all’integrazione, nome (non) nuovo della convivenza civile dei nostri fratelli immigrati. Ben consapevoli di una prospettiva ‘di certo più esigente per i gesti operativi e concreti che richiede ‘ dicevo nell’Omelia in Cattedrale ‘ e, soprattutto, per la pazienza insita nel processo di integrazione‘, proseguendo ne prospettavo i contorni e la posizione della Chiesa:
 
 

«È una sfida che vogliamo affrontare per la necessità e l’urgenza di smettere, o almeno di ridimensionare, pronti interventi e pronti soccorsi dell’assistenza (che, comunque, si ripresenteranno!) verso situazioni di chiara ingiustizia e di precariato lavorativo su cui le varie competenze del settore amministrativo sono chiamate in via ordinaria a fare la propria parte. La Chiesa non ha né il compito, né il dovere di sostituirsi alle responsabilità altrui, ma come madre e maestra dei popoli, che vivono là dove essa è presente, avverte il dovere di lanciare pressanti gli appelli in favore di chi non sa farsi ascoltare. E perché ciò non resti un proclama o un grido sommesso nel deserto della disattenzione, prova anche a porre gesti concreti, positivi, propositivi, li sostiene e li segue per come può con la speranza di convincere con il linguaggio delle opere chi si mostra scettico e indolente a quello dei principi».

 
A dar sostegno spirituale ai credenti nel Signore Risorto invitavo alla responsabilità personale:
 

«La Pasqua può farci sognare quest’anno una vita nuova: chiediamola anche come conversione alle pratiche che l’integrazione comporta. Non è distrazione dal seppellire in noi l’uomo vecchio del peccato, quanto piuttosto un modo come contribuire a dare sepolture a storture dell’uomo in sé, cioè alla difesa del rispetto che merita come persona al pari di ogni suo simile, redento da Cristo che restituisce la dignità di fratello e figlio del Padre».

 
 

Per ridefinire i nostri intenti, per chi dovesse ritenere di stare ai margini della Chiesa ma attento nell’informarsi del suo essere ed agire, puntualizzavo: «Neanche è posizionare o voler considerare la Chiesa come un grande Patronato che tratta pratiche per assistenze varie o come l’istituzione più alta da tirare in ballo per ben più complicate finalità di parte che non la interessano, né le competono.

 
 

La secolarità degli affari contingenti, se aiuti e sostegni intende ricevere, ha da tener presente un principio base: al cristiano è fatto dovere prendersi cura del creato in tutte le sue implicanze alla luce del disegno creatore di Dio. La politica, l’ambiente, il lavoro, insomma la vita, egli la vede e la coltiva nella luce della rivelazione biblica. La ‘politica del Padre nostro’ è radicalmente diversa dalla ‘politica dei padri e dei figli nostri’, schierati spesso in modo non disinteressato perché di parte, sospinta dai venti soffianti da tutti i punti cardinali per polemiche di paese.

 
Il cristiano ama l’uomo e si batte con e per lui avendo a modello il Divin Samaritano. Per questo non guarda al colore della pelle e delle appartenenze religiose: ‘non ha colori la pelle di Dio’. L’unico ‘incarnato’ è quello del Figlio, fratello universale, appunto, perché incarnato. Così vivendo svolge al massimo la funzione di sacerdote, re e profeta per la quale è stato unto con il Sacro Crisma dal giorno del Battesimo, segno della vita nuova in Cristo, confermato con la Cresima dell’età più adulta e consapevole della fede, rafforzato nel Sacramento dell’Ordine, come dedizione completa alla causa del Regno, se a ciò eletto dal Signore».
 
 

 
 
 
A che punto siamo ? ‘Settembre andiamo ”
 
Qualcuno potrebbe chiedersi se, dopo circa cinque mesi, il richiamo ai giorni lontani di Pasqua abbia ancora senso, mentre si dovrebbe già disporre di elementi e segnali positivi. Ebbene: sì! In questo arco di tempo il problema immigrati è stato ripreso e riproposto, ma anche dondolato su un’altalena di affermazioni di principio, di interventi operativi a immediato o medio termine per cui all’emergenza si sarebbe dato un decisivo colpo di grazia.
 
Si è saputo, anche, di iniziative che, per disponibilità di mezzi e con evidenti ritorni di immagine, avrebbero rappresentato un supporto decisivo: fumo al vento! La stessa visita di papa Francesco a Lampedusa, nella forte carica dei segni, come suo primo viaggio e visita pastorale in Italia fuori di Roma, ha prodotto consensi e suscitato emozioni, stimoli per un onesto esame di coscienza da non liquidare subito. Ma i flussi e gli sbarchi sull’isola e sulle nostre coste sono continuati, accrescendo il potenziale dell’aumento di presenze sul nostro territorio. Rispettando tutto ciò che finora s’è mosso verso direzioni valide, il ritorno a/ partenza da/ Pasqua non solo è legittimo, ma obbligato per la coscienza di ognuno: solo quando la ferialità si lascia condurre e sostenere dalla luce liberante e corroborante di Cristo, il più prossimo del disagiato, allora è forza vincente, perché non stancata, né stangata dai corti circuiti di una memoria breve. E, nel nostro caso, i tempi sono sempre brevi, se rapportati ai meccanismi da mettere in moto.
 
‘Settembre, andiamo. È tempo di migrare’, cantava il Vate d’Italia in Sogni di terre lontane, con voli datati, ma dove tante immagini restano trasferibili al nostro problema, così intriso di memorie, di attese, di vite pellegrine di cui tinge. Per questo vorremmo far nostra una visione tra le altre: ‘Li veglia la Speranza taciturna’. ‘Settembre andiamo’. Ma: dove ? ‘È tempo di migrare’. Ancora: dove ? Bisogna che si passi dal ‘tratturo antico’ ‘ dallo slogan ripetitivo ‘ ‘al piano’, cioè alla stanzialità/stabilità, affinché ‘lungh’esso il litoral‘ non più ‘cammina la greggia’ e si guardi ad un tempo di soluzioni stabili: ‘Settembre, teco esser vorremmo ovunque!’.
 
 
 
 

 
 
Posizione della Chiesa diocesana
 
Perché non a poesia si pensi, ma alla prosa che, con ogni probabilità, dovremmo ancora affrontare, la posizione della nostra Chiesa diocesana è chiara: non cercherà, né ricorrerà ad interventi speciali e straordinari.Il carattere eccezionale dell’iniziativa dello scorso inverno non potrà essere né pensato, né ripetuto: diventerebbe anch’esso omologante una situazione, invece da ribaltare, e finirebbe con il sostenere, indirettamente e involontariamente, il sommerso di fondo del problema immigrati: il lavoro nero, le contrattazioni interessate, per cui si ruba la parte che spetta di diritto all’altro, il non aiutare ‘ soprattutto e principalmente ‘ a favorire le condizioni elementari per sostenere le soluzioni sostenibili all’integrazione vera e duratura.
 
Ciò nondimeno, la Caritas Diocesana e le Caritas parrocchiali continueranno a svolgere la propria opera, frutto di quella generosità, virtù preziosissima delle nostre genti. E lo faranno, come finora, in silenzio, che non significa in privato, tanto evidenti e riconosciuti sono i loro interventi permanenti, anche se i network locali e nazionali si ha l’impressione ‘ e la prova ‘ che ignorino questo balsamo immenso di bene o se ne accorgano e ricordino non quando sarebbe più opportuno ed efficace.
 
Nessuna meraviglia: siamo sulla linea evangelica di non far sapere alla destra ciò che fa la sinistra: ma ciò riguarda il comportamento virtuoso della discrezione della persona, non il codice di comportamento degli operatori di una comunicazione completa, oggettiva, disinteressata. II fondo di solidarietà quaresimale-pasquale sarà – è – disponibile per le finalità native. Ad incrementarlo interviene, ora, la compartecipazione di Sindaci della Piana: di (non dei 33) Sindaci, che ‘ memori dell’impegno assunto all’indomani del «Messaggio per l’Avvento di Fraternità 2012. Ancora ‘al freddo e al gelo’?», cioè della cessione di una indennità mensile da parte loro ‘ con comunicazione ufficiale, firmata dal Presidente dell’Assemblea e dal Presidente del Comitato Associazione Città degli Ulivi, intendono onorare le promesse fatte. Sono i sindaci di: Candidoni, Cittanova, Cosoleto, Delianuova, Feroleto della Chiesa, Galatro, Giffone, Melicuccà, Melicucco, Molochio, Oppido Mamertina, Palmi, Polistena, Rizziconi, Rosarno, San Giorgio Morgeto, San Pietro di Caridà, San Procopio, Sant’Eufemia d’Aspromonte, Santa Cristina d’Aspromonte, Scido, Seminara, Serrata, Sinopoli, Terranova S.M., Varapodio.
 
Come già con la Caritas nazionale, il nostro Economato diocesano renderà puntuale resoconto della destinazione delle offerte per gli interventi che saranno concordati con l’Associazione Città degli Ulivi.
 
 

 
 

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