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28/Ott/17

Celebrazione diocesana del ‘Mandato dei catechisti’ e intervento di don Giuseppe Alcamo su ‘I segni dei tempi’

Sabato 21 ottobre presso l’Auditorium diocesano ‘Famiglia di Nazareth’ la nostra Diocesi ha celebrato il Mandato dei Catechisti organizzato dall’Ufficio catechistico diocesano. Don Giuseppe Sofrà, direttore dell’Ufficio, introducendo l’incontro, ha dato il benvenuto ai numerosissimi catechisti presenti in sala e provenienti da tutta la Diocesi.

Dopo aver illustrato il programma intenso dell’anno pastorale dell’Ufficio Catechistico, prevalentemente di tipo laboratoriale nelle varie Vicarie, don Sofrà ha presentato don Giuseppe Alcamo, della Diocesi di Mazara del Vallo, Docente di Catechetica presso la Facoltà Teologica San Giovanni Evangelista Palermo.

Don Alcamo  ha iniziato dicendo che «Nei vangeli, soprattutto nei sinottici, quando si parla di Regno di Dio non si dà mai una definizione specifica, ma si lascia il discorso sempre aperto: il Regno è contemporaneamente come un seme ma anche come un grande albero, una realtà promessa e sempre in divenire, ma nello stesso tempo presente in tutta la sua grandezza, ciò che è promesso è già presente e ciò che è presente rimane una promessa». Nel suo intervento, ricco di contenuti, il relatore ha sottolineato che tutta la missione di Gesù sembra orientata non solo all’annuncio di questo Regno, ma anche a renderlo visibile in mezzo agli uomini con la sua presenza salvifica, perché in ultima analisi, il Regno di Dio è Lui stesso e chi vi vuole entrare deve incontrarlo e far suo il suo stile di vita, vivendo come lui ha vissuto, offrendo la propria vita come lui l’ha offerta.

Così  per diventare catechisti bisogna prima di tutto vedere, per poi diventare testimoni e poi annunciare, come hanno fatto i discepoli di Giovanni Battista, che hanno visto e poi gli hanno riferito. Ognuno di noi ha dunque bisogno di essere illuminato da coloro che prima hanno visto e solo dopo, in modo credibile, possono narrare. Tutti noi abbiamo dunque bisogno di catechisti che ci aprano gli occhi e ci introducano e reintroducano nella speranza, che è Cristo stesso.

Don Alcamo ha poi sottolineato come  Gesù di Nazareth realizza i ‘segni’ del tempo messianico, annunciato da Isaia e dagli altri profeti. Questi ‘segni’ rivelano che il tempo escatologico è già nel suo compimento e che Cristo stesso è il ‘Segno’ dei tempi atteso ma non riconosciuto. La storia nella sua totalità contiene dunque il ‘Segno’ dei tempi, si esprime in ‘segni’ dei tempi, che vanno letti ed interpretati per comprenderne il senso in continuità/discontinuità con la storia della salvezza codificata nella Scrittura. Ed è proprio in questa categoria che convergono e si intrecciano l’oggettività dei segni e la fede della Chiesa, l’opera dell’uomo e l’opera di Dio. Questo comporta l’impegno a non fermarsi a leggere la storia come un cronista, non fermarsi a descrivere solo ciò che appare, ma illuminati dalla sapienza della fede, cercare di scendere in profondità per comprendere quello che non è ovvio o scontato, andare oltre e collegare il tutto con la volontà dell’Altro. Questo implica discernimento che non è solo una dimensione culturale fatta di studio approfondito e documentato, ma anche una dimensione spirituale, per indicare quella singolare disposizione a mettersi in ascolto della voce di Dio dentro la quotidianità della propria vita. Discernere è dunque la ricerca della volontà di Dio dentro la storia e la vita.

In questo contesto qual è dunque il compito della catechesi? É quello di aiutare l’uomo a fare discernimento dentro di sé, educare le domande che si porta dentro, farlo scendere nella profondità della sua vita per compiere scelte quotidiane che siano espressioni delle sue vere esigenze umane, aperte al trascendente, alla ricerca di quel Dio che Gesù di Nazareth ha rivelato.

 Don Alcamo ha infine messo in evidenza come Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium, faccia una riflessione ecclesiale che non può focalizzarsi sulla differenza tra ‘evangelizzazione’ e ‘nuova evangelizzazione’, ma tra ‘autentica’ evangelizzazione e ‘falsa’ evangelizzazione, perché afferma testualmente che «in realtà ogni autentica azione evangelizzatrice è  sempre ‘nuova’» (EG 11).  Va dunque sostituito l’aggettivo qualificativo ‘nuova’ con ‘autentica’ e ciò significa dare all’evangelizzazione un input che la collega da una parte alla Tradizione viva della Chiesa, e dall’altra al contesto culturale dentro cui avviene l’evangelizzazione. Si può dire che come l’autentica Tradizione della Chiesa, essendo una sola cosa con la Scrittura, è una fonte sempre nuova da cui attingere per la comprensione del mistero di Dio e della Chiesa, così l’evangelizzazione è nuova quando è autentica, quando si radica dentro la Tradizione viva della Chiesa e dentro la vita storica dell’uomo di oggi. Non si può infine non specificare che l’evangelizzazione per essere ‘autentica’ deve anche inculturarsi attraverso un processo dialogico con il popolo che vive in un determinato territorio, facendo sue tutte le realtà positive di quel popolo e cogliendo in esse la presenza preveniente dello Spirito che precede sempre l’azione della Chiesa. Questo processo di inculturazione, per la Chiesa, non è semplicemente un’ azione di adattamento culturale, quanto piuttosto una riscoperta gioiosa che lo Spirito, ancora oggi, non solo accompagna la Chiesa, ma la precede e prepara il terreno per l’annuncio fruttuoso del Vangelo. Per questo Papa Francesco, nell’Evangelii Gaudium, ampliando quanto nella Gaudium et Spes viene detto, arriva ad affermare che «la grazia suppone la cultura, e il dono di Dio si incarna nella cultura di chi lo riceve» (EG 115). Così il prof.

Alcamo conclude dicendo che: «Una catechesi che si colloca dentro i segni dei tempi e che a partire da essi educa ad allungare lo sguardo per vedere oltre l’orizzonte, per contemplare un mistero di vita che coinvolge e supera l’umano, e quindi educa ad andare oltre se stessi e il proprio immediato quotidiano».

L’incontro dei catechisti diocesani si è concluso con la celebrazione del Mandato dei Catechisti durante la S. Messa presieduta dal nostro Vescovo, mons. Francesco Milito. Egli, riprendendo il concetto dei segni dei tempi, ha affermato che vanno osservati e seguiti nel loro cambiamento, per poter procedere poi nel programmare una catechesi che sia adeguata al territorio e raggiungere tutti gli uomini della Piana di Gioia Tauro che vivono, lottano e sperano nonostante i molti disagi e problemi. E’ dunque responsabilità di ogni catechista testimoniare la presenza di Cristo, il ‘Segno’ per eccellenza. Non si tratta quindi di cambiare il Vangelo e il suo annuncio, ma la modalità e la metodologia di trasmetterlo agli altri.

Questa riflessione del Vescovo Francesco ha accompagnato il forte e sentito momento del Mandato stesso, nel quale dopo l’invocazione dello Spirito, in un’atmosfera raccolta e di preghiera, mons. Milito ha consegnato la Parola a ogni responsabile parrocchiale dei catechisti. Al termine della Celebrazione il Vescovo ha dato una consegna a tutti i catechisti presenti di riflettere su come leggere i segni dei tempi nella nostra diocesi che verrà presentata a fine anno pastorale.

Carmen Maria Manno


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