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17/Mag/18

Amore e vita, le parole dei Papi

Su vita, amore, generazione, matrimonio e dintorni nessuna discontinuità nel magistero degli ultimi pontefici. Tra Humanae vitae e Amoris laetitia passando attraverso Familiaris consortio si avverte anzi uno sviluppo dottrinale coerente, un dinamismo consapevole delle radici ma che, proprio perché intessuto di concreta vita ecclesiale, non rimane lettera morta ma parola che cresce e si sforza di intercettare i segni dei tempi. La riflessione è stata proposta l’altra sera dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia della vita e gran cancelliere del Pontificio istituto teologico ‘Giovanni Paolo II’, nel corso di un incontro formativo organizzato a Gioia Tauro dalla diocesi di Oppido Palmi. Con Paglia sono intervenuti Lucio Romano, docente all’Università di Napoli e componente del Comitato nazionale di bioetica, e Michele Ferraro, componente del Comitato locale di Scienza& vita. Al termine, il vescovo Francesco Milito ha illustrato le linee guida per dare concretezza pastorale all’Esortazione postsinodale di papa Francesco sulla famiglia.

Per mettere in luce una serie di percorsi in grado di cogliere i collegamenti tra l’enciclica firmata da Paolo VI il 25 luglio 1968 e il documento di papa Francesco, presentato l’8 aprile di due anni al termine di un’intensa stagione sinodale, Paglia ha proposto tre passaggi: la ‘connessione inscindibile’ tra sessualità sponsale e generazione responsabile, il passaggio dal matrimonio alla famiglia come ‘motore della storia’ e la cura delle relazioni familiari ferite. Il presidente della Pontificia accademia per la vita ha subito messo in evidenza come le analogie tra Humanae vitae e Amoris laetitiasi possano cogliere anche sotto il profilo delle reazioni suscitate. Più volte analizzate quelle scatenate dall’enciclica di Paolo VI, con i documenti critici o comunque non del tutto allineati di oltre quaranta conferenze episcopali. Mentre per quanto riguarda Amoris laetitia vanno ricordate le parole del cardinale Walter Kasper secondo cui nessuna Esortazione apostolica «ha mai suscitato nella Chiesa un dibattito tanto acceso e inteso ». Forse è il comune destino delle parole davvero cariche di profezia. Tali furono quelle di Paolo VI che, collegandosi alla lezione del Vaticano II, «affermava – ha spiegato Paglia – che l’amore coniugale, come tale, è fe- condo, superando in un colpo solo la annosa questione del rapporto tra i fini del matrimonio, il fine primario ( prolis generatio et educatio) e il fine secondario ( mutuum adiutorium et remedium concupiscentiae) ». Oggi, in una cultura in cui il sesso è totalmente separato dalla generazione e in cui il figlio nasce sempre meno frequentemente all’interno di una stabile relazione familiare, Amoris laetitia ribadisce la ‘connessione inscindibile’ tra amore sponsale e generazione (n.166 e 168).

Anche la centralità dell’amore coniugale come architrave della famiglia nel passaggio delle generazioni trova tra l’enciclica di Paolo VI e l’esortazione postsinodale di Francesco un’ampia serie di rimandi. Basterà ricordare – ha fatto ancora notare Paglia – «l’affascinante capitolo IV» con il commento all’inno paolino sull’agape. A questo coerente sviluppo dottrinale non sfuggono neppure i temi del controverso capitolo VIII diAmoris laetitia. Quando papa Francesco affronta il tema della cosiddette situazioni irregolari «prosegue in modo deciso – ha fatto notare il presidente della Pontificia accademia per la vita – la linea che già la Familiaris consortioaveva indicato nel 1981. Superando l’antica scomunica Giovanni Paolo II in Fc 14 – poi recepito dal nuovo Codice di diritto canonico del 1983 – aveva invitato ‘i pastori e l’intera comunità dei fedeli’ a non considerare i divorziati risposati ‘separati dalla vita della Chiesa’». E aveva previsto che, per seri motivi quali per esempio quelli legati all’educazione dei figli, potessero convivere sotto lo stesso tetto e anche accedere ai sacramenti, «laddove si fossero impegnati a ‘vivere in piena continenza’, e cioè ad ‘astenersi dagli atti propri dei coniugi’».

Su questa strada si pone Francesco quando, in Amoris laetitia, invita la Chiesa a «operare un ulteriore discernimento personale e pastorale che preveda, all’interno di un cammino di accompagnamento e in casi specifici, la possibilità che i due accedano ai sacramenti mantenendo a tutti gli effetti – ha messo in luce l’arcivescovo Paglia – una vita coniugale ». Una possibilità che non intende fornire una nuova norma generale né negare il comandamento della fedeltà coniugale, ma «superare facili schematismi, affermando che quando pretendiamo di dire facilmente ‘che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio’ (Al 308)».

Insomma, una fitta rete di rimandi che permettono di concludere che Amoris laetitia è strettamente connessa sia ad Humanae vitae sia a Familiaris consortio. Per quanto riguarda l’enciclica di Paolo VI, a 50 anni dalla sua pubblicazione, occorre ricordare – ha concluso Paglia – che «l’autentica fedeltà alla Chiesa esige una onestà intellettuale profonda, una convinta assimilazione dell’unità di pastorale e dottrina, una aderenza realistica alle situazioni complesse della vita e infine la creatività evangelica del ‘discepolo del Regno’ che si lascia guidare dallo Spirito del Signore nel discernimento delle cose antiche e delle cose nuove».

LUCIANO MOIA

 

Fonte: Avvenire 17-05-2018


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