Don Salvatore nella sua semplicità, contento e commosso ha fatto così il suo ingresso accompagnato dal nostro Vescovo, Mons. Francesco Milito, nella Chiesa dedicata a Maria SS. del Soccorso che per i prossimi nove anni sarà il luogo della sua nuovo impegno pastorale, alla presenza dei numerosi fedeli, dei sacerdoti, dei diaconi e delle autorità intervenute.
La sede si era resa vacante dopo la nomina di don Pino Sabato a Parroco della Parrocchia di Santa Maria de Merula di Molochio e a lui è stato rivolto il primo pensiero di ringraziamento da parte di un membro della comunità parrocchiale che poi rivolgendosi a don Salvatore, lo ha salutato dandogli il benvenuto a nome di tutti i fedeli manifestando il suo vivo compiacimento per la scelta operata dal vescovo che sarà certamente fonte di nuova operosità e spinta per un’azione pastorale sempre più incisiva e matura.
Don Salvatore nel suo intervento nel ringraziare per l’accoglienza ricevuta ha fatto presente che la sua azione pastorale nella parrocchia sarà improntata alla massima collaborazione nella ricerca comune di tutto il bene possibile da realizzare.
Il vescovo, traendo spunto dalla memoria del giorno dei santi martiri Cornelio e Cipriano ha sottolineato come il martirio sia sempre una prova della propria fede personale, sorretta dall’alto e resa eroica dallo Spirito, riprendendo il testo della colletta del giorno in cui la Chiesa ci fa pregare chiedendo che la perseveranza nella fede ci aiuti a vivere l’unità della Chiesa, perché non è detto che i santi da vivi tra di loro siano stati sempre d’accordo, non già perché l’uno contro l’altro, ma perché all’interno della Chiesa visioni diverse hanno nei secoli creato dissapori che poi sotto l’influsso dell’unico Spirito si sono ricomposti. Si comprende così come quello che la Chiesa ci invita a chiedere, vale a dire a partire dalla fede l’unità, non significhi uniformità o livellamento di pensiero e d’azione perché la ricchezza dei doni dello Spirito esiste perché sempre si edifichi la Chiesa.
Il vescovo su tale punto ha evidenziato come quando nei fatti e nella teoria, in modo implicito o esplicito si vive un tipo di cristianesimo concentrato su se stessi e non ci si apre all’altro, si può non palesemente ma di fatto essere contro l’unità perché l’unità trinitaria è lo specchio dell’unita nella Chiesa e quando ci si mette fuori da questa realtà c’è da chiedersi di quale fede stiamo parlando o qual è la fede che stiano coltivando.
Riferendosi poi al post-communio in cui pregheremo il Signore perché vivendo nell’unità, possiamo rendere testimonianza alla verità fino a dare la vita, come i santi Cipriano e Cornelio per non rinnegare questa verità nel Signore e nello Spirito, il vescovo ha evidenziato come si comprenda bene che quando c’è l’unità, la verità le fa sempre compagnia, perché se siamo uno nello Spirito, siamo veri tra di noi. E si comprende allora anche un’altra verità, che, cioè, un pastore appartiene a tutti ma non è proprietà di nessuno, essendo l’unico suo Signore il Cristo Gesù. San Paolo, peraltro, nelle lettere pastorali ai suoi collaboratori, per l’occasione a Timoteo, quando parla della Chiesa dice che essa è “colonna e sostegno della verità”, fondamento per poter vivere nell’autenticità. “E di questo noi dobbiamo essere testimoni e maestri – ha aggiunto il vescovo – senza illuderci che la vita della Chiesa sia una cosa facile”.
Riferendosi infatti al vangelo del giorno, la pericope di Luca sul giudizio di Gesù sulla sua generazione (Lc 7,31-35) il vescovo ha sottolineato come le perplessità delle persone che sempre criticano e si lamentano siano un segno dell’essere incapaci di vivere nell’unità con la conseguenza che ognuno cammina per la sua strada.
Il vescovo ha a questo punto sottolineato come nell’avvicendamento dei parroci, e quindi nella diversità del fare e dell’agire e nei diversi ruoli si compie la bellezza della Chiesa come colonna di verità, come faro per comprendere il mondo contemporaneo ed essere a suo servizio. Ogni parroco che c’è o che si avvicenda è un polo di riferimento con il quale, a lui guardando, con lui confrontandosi, con lui collaborando, i cuori si cementano nell’unica fede e nella ricchezza insieme costruiscono quanto c’è da costruire secondo i tempi e i luoghi.
Quanto il vescovo ha detto lo ha riferito a quanto avvenuto la sera del 16 settembre a Giffone, facendo presente che ogni nuovo inizio in una parrocchia comporta uno studiarsi, un fare il confronto tra il vecchio e il nuovo. Ma se in ciò viene meno una visione di fede, la nostra sarà una lettura molto riduttiva. Allora l’invito del vescovo a far proprio le parole del salmo: “Alzo gli occhi verso i monti”, vale a dire: “Eleverò i miei pensieri, i miei ragionamenti ad una luce più alta per comprendere ciò che il Signore vuole fare per la nostra salvezza”. In quest’ottica la celebrazione di questa sera è un evento di grazia, si potrebbe dire quasi un sacramento dell’amore di Dio, segno che egli non ci abbandona, e lo fa attraverso i tempi e le persone perché lo possiamo avere, tramite loro, sempre a disposizione. C’è un fatto significativo a tal proposito nella vita di san Cipriano scappato da una prima persecuzione e questo fatto fu allora interpretato dai suoi nemici come una vigliaccheria, in realtà San Cipriano lo aveva fatto perché aveva capito che se avessero in quel momento ucciso lui, la comunità si sarebbe dissolta, mentre in una seconda persecuzione egli affrontò il martiro con forza, ormai sicuro della fede della sua comunità. Questo perché se le scelte vengono fatte nello Spirito, sono sempre scelte buone, che aiutano a crescere.
E nel fare queste consegna a don Salvatore, che viene da esperienze non indifferenti si servizio di parrocchia, con aspetti belli ma anche critici e sofferenti, il vescovo ha osservato che anche in questi momenti, quando ci si dà totalmente, anche attraverso la sofferenza si serve il Signore, nostro unico proprietario, ed ha augurato a lui tanta luce, tanto entusiasmo da parte del Signore per essere sempre al servizio di tutti.
Avviandosi alla conclusione il vescovo ha chiesto ai fedeli di Giffone di crescere nell’unità della fede, nell’unione degli spiriti, nella diversità dei doni, fondando la loro chiesa su quella dei Padri e sul fondamento della Chiesa, cercando sempre la collaborazione, evitando schieramenti, opposizioni e parzialità. “Chiediamo al Signore – ha concluso il vescovo – lui che è amore per eccellenza della nostra esistenza, fonte dello Spirito che ci riempie di grande consolazione, di accompagnarci così, perché la data del 16 settembre sia una data da ricordare come anniversario di un cammino nella continuità e nella crescita per consegnare alle generazioni una chiesa bella, sotto la protezione di Maria, nel nome del Padre che è Amore, del Figlio che è Verità, dello Spirito che è unità”.