Cari fratelli, sorelle e amici,
l. desidero cominciare la riflessione-meditazione pasquale con un tema un pò originale: la fragilità e debolezza di Dio, nonché fissare l’attenzione sulla sua non-autosufficienza e sul bisogno che Lui ha di noi. Prendo le mosse dal mistero dell‘incarnazione e della redenzione avvenuta nel sangue (Ebrei, 9, 22). L‘apostolo Paolo nella prima lettera ai Corinzi scrive: «Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani» (1. 22). Perché dobbiamo meditare sul nostro Dio debole, fragile e bisognoso? Nella mia vita pastorale sento dire spesso: “Se ci fosse Dio non permetterebbe terremoti, malattie letali, catastrofi naturali, sofferenze di bambini innocenti, sconvolgimenti familiari… “. Il nostro Dio è un Dio fragile,visto che l’idea tradizionale della sua onnipotenza deve essere messa da parte per i devastanti effetti della nostra fragilità senza riposo. Il significato profondo e inesauribile della fragilità di Dio sta nel suo voler entrare in relazione con l‘altro, nel suo volergli diventare amico: Dio è fragile, è debole perché ama e l‘amore rende vulnerabile. “O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, continua a effondere su di noi la tua grazia … ” (da: Messale romano). Nelle liturgie dilaga la parola onnipotente, ma Dio è onnipotente nell‘amore. La sua tradizionale onnipotenza è, per così dire, minata dal suo bisogno dell‘essere umano, e, dunque, dal suo esporsi al rischio di essere rifiutato. In realtà, chi scopre tale fragilità, e non se ne scandalizza, impara a cercare Dio, dove Dio stesso ci cerca: non nella potenza, non nel soprannaturale, non in tutto ciò che ci evoca il senso del sacro, ma nell‘amore creativo, generoso, fedele, paziente, misericordioso. Il filo conduttore da seguire è dunque quello dell‘incarnazione.
2. Il Dio debole è il Dio crocifisso che costituisce, insieme alla risurrezione, il cuore della rivelazione cristiana. Solo un Dio sofferente, dunque, può capire fino in fondo la sofferenza di un suo figlio. Peraltro, l‘esperienza della fragilità, riusciamo a leggerla con gli occhi di Gesù, ci può avvicinare a Dio; anzi ci fa entrare nel mistero del suo amore,che è amicizia e libertà. È questo ben vedere, che la tradizionale fede cristiana esprime confessando che Dio è Trinità,…….
Sac. Franco Borgese
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