Papa Francesco ormai ci ha abituato a vescovi che stanno in mezzo. In mezzo al popolo di Dio, in mezzo alla vita dei fedeli, in mezzo alla storia, ma anche in mezzo alle povertà, agli ultimi, a quelli che stanno ai margini, in mezzo ai giovani, ai bambini, in mezzo, tra cuore e periferie. Le sue scelte per i nuovi Pastori si fermano sempre a uomini di Dio capaci di porgersi e di stare in mezzo alla gente.
Ed è lo stile del vescovo Attilio, che nonostante il suo metro e 91 centimetri d’altezza, nonostante i suoi occhi azzurri, non ha catturato per la bellezza, ma per la vicinanza.
Ha salutato, andando lui verso gli altri, ha benedetto, ha sorriso, ha ascoltato, ha abbracciato, ha accolto e ha colpito il cuore del popolo della Chiesa che è in Mileto – Nicotera – Tropea che “esortiamo – ha scritto il Santo Padre nella Bolla di Nomina – ad amarti come padre e ad ascoltarti come maestro in modo che sotto la tua guida possano compiere con cuore sincero la volontà di Cristo nella vita di ogni giorno”.
E ad accoglierlo ieri per l’ingresso del suo mandato episcopale nella Basilica Cattedrale di Mileto, oltre i vescovi concelebranti c’era anche il nostro vescovo Francesco «che è il vescovo della mia Palmi» – ha detto mons. Nostro salutandolo a fine messa, ma anche il segretario, don Antonio Nicolaci, don Emanuele Leuzzi, Don Giuseppe Saccà, don Silvio Mesiti, il primo parroco del vescovo Nostro, «tutti i presbiteri dalla diocesi di Oppido – Palmi, convenuti – ha sottolineato il vicario generale don Filippo Ramondino – per esprimere con cuore festante una corale riconoscenza al Signore e al novello Pastore che ha risposto con un sì generoso alla Sua chiamata a servirLo quale Sposo gioioso della Chiesa».
Una riconoscenza che legherà sicuramente le due diocesi vicine; la città di Palmi, che ha dato i natali al nuovo Vescovo, è impressa nel suo stemma, lì dove tutto è iniziato, nella sua terra, che nonostante l’accento romano, rimane la Calabria e alla Calabria ha dedicato anche alcune delle sue prime parole da Vescovo, sabato 25 settembre a San Giovanni in Laterano: «Oggi mi sento come il Figliol Prodigo che va incontro al Padre con il vestito della festa. E l’abbraccio con il Padre è il ritorno in Calabria, terra che amo e che mi ha generato».
Uno stile di prossimità, quello di mons. Attilio Nostro, che ha reso subito pubblico a cominciare dall’omelia pronunciata a braccio, in cui si è percepito il suo voler continuare a vivere come prima, anche da vescovo. Il Papa lo ha scelto prendendolo da una parrocchia romana e il vescovo Attilio pur “salendo in cattedra” ha continuato nel suo stile di parroco, quasi a voler portare su di sé “l’odore delle pecore”.
«I bambini in una casa comandano o obbediscono?”, ha chiesto ai fedeli e alle autorità presenti iniziando l’omelia».
«Esatto, comandano», ha risposto, e ha aggiunto: «Anche se sono convinti di obbedire. Una volta ho chiesto ai bambini “siete padroni o servi?”, la risposta fu corale: “siamo schiavi”».
«Tu papà e tu mamma capisci che quell’amore che ti espropria, che ti fa dire “non ho più libertà” come fa qualcuno, è un amore che ti migliora, che ti rimette al mondo e ti ridà il senso della tua vita», ha spiegato il presule.
E nella prima omelia alla comunità diocesana che è ora chiamato a guidare, il nuovo vescovo ha pronunciato tante parole dirompenti, cariche di immagini e di speranze.
«Insieme a voi desidero – ha detto il presule – che la Chiesa di Calabria riguadagni una mentalità nuova, che questa porzione del popolo di Dio che è questa diocesi bellissima riguadagni il pensiero di Dio, i suoi sentimenti, la sua capacità di spoliazione, di commozione viscerale, di amore paterno e materno, spero che la Chiesa sia ambasciatrice di un bellissimo annuncio: Dio è amore e ti insegna ad amare. Dio è amore e ti farà diventare amore».
E a conclusione della celebrazione nel giorno del suo insediamento, mons. Nostro ha dilatato il suo cuore confidando ai fedeli della sua nuova diocesi, la telefonata che ha fatto al dimissionario mons. Luigi Renzo, invitandolo domenica prossima a Tropea, per la beatificazione di don Francesco Mottola. «Speriamo che il Signore lo illumini nel suo discernimento perché io desidero abbracciarlo, desidero condividere con lui questo momento importante di questa diocesi che parte dalla comunione tra il vescovo uscente e il vescovo entrante, da un fratello ad un altro fratello».
Fratelli tutti, è rivolta a tutta la chiesa, e ieri da Mileto il vescovo Nostro si è proposto con lo stile sinodale, e come ha chiesto Papa Francesco con la «paternità, capacità di vedere, capacità di accarezzare, capacità di piangere».
Ufficio per le Comunicazioni Sociali